REGGIO EMILIA – Si sono incrociati molti destini nella vicenda che il 29 agosto scorso si è conclusa con un decreto del giudice Andrea Rat che, accogliendo le richieste della Procura, dispone l’archiviazione della posizione di 23 persone, tra le quali il sindaco di Reggio Luca Vecchi, nell’ambito dell’indagine su alcuni appalti del Comune. Vecchi fu iscritto nel registro degli indagati il 10 giugno 2019, il giorno dopo la rielezione a sindaco, ma ne fu informato solo due anni dopo, nel marzo 2021, quando il gip accolse una richiesta della Procura di proroga delle indagini. L’aspetto più paradossale, per quanto riguarda il sindaco di Reggio, è che quando le titolari dell’indagine, Giulia Stignani e Valentina Salvi, lo iscrissero nel registro degli indagati, avevano già scritto da tre-quattro mesi (febbraio-marzo 2019) la bozza della richiesta di archiviazione. Lo raccontò più tardi la stessa Salvi al Csm.
Proprio sull’iscrizione del nome di Vecchi nel registro degli indagati, oltre che sulla data dell’acquisizione di documenti in Municipio, si consumò la rottura fra le due sostitute e l’allora procuratore capo Marco Mescolini. Si chiedeva in sostanza Mescolini: “Se siamo d’accordo sul fatto che le posizioni di Vecchi e di un’altra ventina di persone siano da archiviare, che senso ha iscriverli nel registro degli indagati?”. Ma Salvi e Stignani ritenevano che l’iscrizione fosse dovuta e procedettero in questo senso, come era nelle loro prerogative. I dubbi di Mescolini, però, furono poi usati contro di lui. Nell’esposto al Csm contro il procuratore capo, firmato da Salvi e Stignani insieme alle colleghe Chiesi e Pantani, Mescolini fu accusato di non essere imparziale e di aver in sostanza tentato di tenere Vecchi fuori dall’inchiesta.
A rivelare l’iscrizione di Vecchi fu Tg Reggio, nell’edizione serale del 23 febbraio 2021. Il giorno dopo Nino Di Matteo, relatore sulla proposta di trasferimento per incompatibilità ambientale di Mescolini, vi fece riferimento davanti al plenum del Csm. Il magistrato disse che Vecchi era il “principale indagato” dell’inchiesta, “forse adesso imputato”, aggiunse. In realtà il sindaco di Reggio non era il principale indagato, né tantomeno era imputato. Anzi, di imputati all’epoca non ce n’era neppure uno, dal momento che non c’erano ancora né un rinvio a giudizio né un processo. E’ un passaggio che dice qualcosa sulla qualità del procedimento concluso con il trasferimento di Mescolini.
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