BIBBIANO (Reggio Emilia) – Il giudice Luca Ramponi aveva deciso sulle richieste di misura cautelare, il collega Andrea Rat aveva trattato l’istanza di patteggiamento avanzata da Cinzia Magnarelli, assistente sociale che in pratica ha ammesso di aver falsificato delle dichiarazioni dicendo di essere pressata dai superiori. Ora tutto andrà davanti a Dario De Luca. Sarà lui il giudice che presiederà l’udienza preliminare del 30 ottobre che darà il via a un processo che, così com’era accaduto con la notizia dell’inchiesta, avrà sicuramente un’eco mediatica che andrà ben oltre i confini reggiani: il processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza.
Era il 27 giugno 2019. A un anno quasi esatto dall’inizio di mesi caldissimi la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 24 persone tra operatrici sociali, psicologhe, amministratori. La fine indagini risale al 13 gennaio, poi è stato dato un tempo ampio alle difese per esaminare la documentazione corposissima allegata e chiedere eventualmente che i propri assistiti fossero risentiti, e a quel punto c’è stato il blocco dato dal Covid. Tutto ciò ha fatto slittare sino a qui, e si è arrivati al primo anniversario di un’indagine che ha messo una porzione del territorio reggiano e Bibbiano in particolare sotto i riflettori. Viene ipotizzato un business sugli affidi dato dal fatto che, secondo l’accusa, in sei occasioni minori siano stati sottoposti a terapie e allontanati dal tribunale dalle famiglie d’origine senza che ve ne fossero i presupposti e su richiesta del Servizio minori, giustificando il tutto con report che il sostituto procuratore Valentina Salvi considera falsati: fascicoli che riporterebbero storie inventate, perizie artefatte, disegni manipolati per far sembrare i bambini vittime di abusi sessuali, ore di sedute di psicoterapia che sarebbero servite a una sorta di lavaggio del cervello.
Sono 48 le parti offese, tra cui l’Unione dei Comuni Val d’Enza, i Comuni di Gattatico e Montecchio, il ministero della Giustizia e la Regione Emilia-Romagna. Più di 100 i capi d’imputazione e tra le ipotesi di reato il peculato d’uso, l’abuso d’ufficio, la violenza o la minaccia a pubblico ufficiale, la falsa perizia, la frode processuale, il depistaggio, e i maltrattamenti in famiglia. Sebbene fin dalle prime ore di quel 27 giugno dello scorso anno sia stato il nome di Andrea Carletti, sindaco di Bibbiano, indagato per abuso d’ufficio, a essere messo al centro della scena con diversi momenti di strumentalizzazione politica, coloro che la procura ritiene i vertici del gruppo sono lo psicoterapeuta Claudio Foti e l’ex responsabile del servizio minori Federica Anghinolfi, la quale “potrà esercitare appieno il suo diritto di difesa e questo avverrà finalmente davanti ad un Giudice – scrive il suo legale Rossella Ognibene – in Tribunale, e non in piazza o sul web, come purtroppo è accaduto sino ad ora”.
Il gruppo degli indagati si assottiglia ancora: dai 30 iniziali, dopo le archiviazioni delle posizioni dell’avvocato Marco Scarpati, dell’ex sindaco di Cavriago Paolo Burani, del direttore generale dell’Ausl – ancora per pochi giorni – Fausto Nicolini e della responsabile della comunicazione della stessa azienda sanitaria Federica Gazzotti, la procura ha chiesto l’archiviazione anche per lo psicologo, sempre dell’Ausl, Matteo Mossini.
Nicolini tra l’altro, da indagato, passa adesso a essere testimone dell’accusa: è uno dei 155 testi citati infatti da Salvi, come anche l’ex giudice minorile di Bologna Francesco Morcavallo, la direttrice della fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato Elena Buccoliero, oltre naturalmente agli investigatori dei carabinieri che hanno seguito l’indagine. Tra i testimoni chiamati dal pm, anche il giornalista scrittore Pablo Trincia, autore dell’inchiesta Veleno con nuovi elementi emersi, dopo 20 anni, sulla vicenda della Bassa modenese dove molti bambini erano stati allontanati da casa. Un fatto che, secondo l’accusa, ha diversi punti in comune con l’inchiesta in val d’Enza.
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