BIBBIANO (Reggio Emilia) – Terza tappa del nostro approfondimento sugli affidi in Val d’Enza. Dopo i contesti famigliari e il ruolo dei servizi sociali, questa volta vediamo qual è stato il metodo di lavoro di Elena Francia, psicologa e psicoterapeuta, consulente tecnica della Procura, e quali sono le sue tesi di fondo.
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Il lavoro di Elena Francia è iniziato il 18 gennaio 2019, circa 5 mesi prima dei clamorosi arresti e della deflagrazione dell’inchiesta sui mezzi d’informazione, ed è durato 60 giorni. Alla consulente, psicologa e psicoterapeuta reggiana di 36 anni, la Procura ha chiesto di esaminare le vicende relative all’affido di 5 minori per stabilire se questi, a causa della condotta degli indagati, abbiano subito disfunzioni psicologiche e relazionali o un’alterazione del normale sviluppo della personalità. La dottoressa Francia ha potuto consultare tutta la documentazione acquisita nel corso delle indagini. Ha avuto accesso, tra le altre cose, a una consulenza tecnica della dottoressa Melania Scali, psicologa e psicoterapeuta con studio a Roma, a una perizia del prof. Umberto Nizzoli su uno dei casi oggetto dell’inchiesta e alle registrazioni, disposte dalla Procura, delle sedute di terapia della dottoressa Nadia Bolognini, imputata nel processo, con alcuni dei minori. Ha scelto di non leggere le relazioni dei servizi sociali sulla storia precedente dei 5 minori, considerandole non attendibili.
La dottoressa Francia, nella preparazione della sua relazione, ha lavorato sulle carte: non ha mai incontrato i bambini, anche se ne aveva conosciuti due in passato per essere stata consulente della Procura nei procedimenti penali aperti a carico dei genitori. E’ possibile diagnosticare un disturbo in un paziente senza mai incontrare il paziente? La dottoressa Francia lo fa: disturbo borderline di personalità, disturbo post traumatico da stress, disturbo antisociale di personalità, disturbo dell’umore. Dunque la risposta della consulente al quesito posto dalla Procura è certamente sì: a causa dell’attività degli indagati, i 5 minori hanno subito gravi disfuzioni che li porteranno a sviluppare patologie psicologiche probabilmente insanabili.
La tesi di fondo della consulente della Procura, che ritorna in tutti i casi analizzati, è che “l’allontanamento di un figlio dalla famiglia di origine rappresenta una frattura non meno rischiosa rispetto ai rischi derivanti da violenze fisiche, sessuali e morali perpetrate dai genitori”. E’ una tesi che ha fatto discutere. Il corollario di questa tesi è che l’allontanamento di un minore abusato o presunto tale dovrebbe costituire per i servizi sociali “un’opzione residuale”, in altre parole un caso eccezionale, quando ogni altro intervento alternativo è insufficiente a proteggere il bambino. (3/continua)
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