REGGIO EMILIA – I medici di famiglia reggiani dicono basta e proclamano lo stato di agitazione. “C’è chi vuole riformare il territorio senza averne esperienza diretta e senza consultare mai i professionisti che vi operano tutti i giorni o le loro Ooss. I giovani medici di famiglia non ne possono più e appena inseriti, scappano”, si legge in un comunicato della sezione locale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale.
“Ogni medico di famiglia, anche a causa della chiusura degli ospedali, ha 732 pazienti su 1.500 affetti da 1 a 5 patologie croniche; 2 reparti e mezzo di lungo degenti da seguire a domicilio con a disposizione 0.34 infermieri domiciliari pubblici; riceve giornalmente in media 120 telefonate, 60 Whatsapp, 30 sms e fax dai cittadini che non ricevono risposte dai servizi delle Ausl – prosegue la nota – Pur essendoci leggi che obbligano gli specialisti ospedalieri e convenzionati a scrivere direttamente i loro accertamenti e a redigere i certificati Inps, evitando così di far girare i cittadini come trottole, gli stessi inviano i pazienti ai medici curanti, quasi fossero scrivani pubblici. Così, questi ultimi si trovano a non avere più il tempo necessario per visitare in studio e seguire i cronici e gli allettati”.
“Sembra che la pandemia non abbia insegnato nulla ai politici e ai governatori – sostengono i medici – si continua a investire in strutture e in ospedali senza comprendere che è necessario potenziare, invece, il filtro delle cure primarie territoriali se si vogliono ridurre gli accessi ai pronto soccorso e i ricoveri anche nelle terapie intensive. La riforma territoriale va discussa prioritariamente con i medici e le Ooss del territorio, non imposta dall’alto”.
La nota si conclude poi con alcune richieste: “I medici di famiglia hanno necessità di avere almeno due infermieri e un amministrativo a medico, come in Catalogna e nel Regno Unito, di essere dotati di strumenti di telemedicina che consentano risposte specialistiche in tempo reale per non far girare torme di ambulanze, di essere collegati informaticamente per i dati clinici dei loro assistiti direttamente con gli ospedali e viceversa, di avere centrali territoriali per la continuità assistenziale e di essere liberati urgentemente dalle burocrazie inutili e delegate loro da altri”.