REGGIO EMILIA – “Nicolino Grande Aracri è un boss perdente, ma che continua ad incutere terrore“. Lo dice ai Tg Reggio Antonio Anastasi, il giornalista del Quotidiano del Sud che ha per primo ha diffuso la notizia sul pentimento del capo della cosca cutrese che ha base anche nel Reggiano.
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“Tutti e due si chiamano Nicola, uno è un boss sconfitto, l’altro il magistrato con cui ha deciso di collaborare, il magistrato più famoso d’Italia. Ora bisogna capire che cosa accadrà”, dice il cronista Antonio Anastasi.
Da un lato Nicolino Grande Aracri, 62 anni, boss dell’ndrangheta con basi a Cutro e in provincia di Reggio Emilia, a Brescello in particolare, condannato all’ergastolo nel processo Aemilia. Dall’altro Nicola Gratteri, anche lui 62enne, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, il magistrato che sta valutando le prime mosse del capo-mafia in un percorso di collaborazione con la giustizia appena iniziato. A parlare dello scenario maturato di recente e reso noto nei giorni scorsi è – alla nostra redazione – Antonio Anastasi, cronista del Quotidiano del Sud, autore dello scoop sul pentimento del boss e profondo conoscitore della criminalità organizzata calabrese.
Ma i famigliari di Grande Aracri rischiano ora delle ritorsioni dai vecchi alleati o dai clan rivali che potrebbero essere colpiti dalle sue confessioni? “Non so chi avrà il coraggio di colpire un uomo e una cosca che comunque restano così potenti”, dice Anastasi.
In ogni caso, tra la Calabria e l’Emilia, sarebbero già stati disposti provvedimenti di protezione per i famigliari più stretti del boss: la moglie, le tre figlie, i sette fratelli, i nipoti.
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