CORREGGIO (Reggio Emilia) – Era a terra, morto e col cranio fracassato. La scena del delitto era stata la cucina della sua abitazione, una casa piuttosto isolata in mezzo alla campagna di Lemizzone di Correggio. A trovarlo alle 19, dopo una giornata trascorsa nei campi, erano stati uno dei fratelli e il genero, ma Aldo Silingardi, 78 anni – era poi emerso dagli accertamenti autoptici – era stato ucciso attorno alle 17. Nessuno dei parenti, che lavoravano su terreni lontani dall’abitazione, aveva visto nulla. Dall’abitazione mancava il portafogli della vittima, ma tra le varie ipotesi c’era quella che l’assassino l’avesse portato via per depistare le indagini e far pensare a una rapina finita male. Le rilevazioni, la convocazione delle persone informate sui fatti, in primis i famigliari, le ricerche nella sfera personale della vittima: l’inchiesta era scattata subito, ma l’omicidio di Lemizzone era presto entrato nei casi irrisolti reggiani. Fino ad ora. Dopo 13 anni, gli inquirenti ritengono di aver individuato il responsabile del delitto: si tratta di un uomo di 37 anni di origine marocchina, all’epoca vicino di casa della vittima, e si sarebbe davvero trattato di una rapina finita male.

Aldo Silingardi
Il pomeriggio del 9 luglio 2012 l’uomo sarebbe entrato in casa di Silingardi per rubare e, vistosi scoperto, lo avrebbe aggredito a morte, infierendo anche sull’anziano mentre era già a terra, utilizzando la gamba spezzata del tavolo. Su quel pezzo di legno ha lasciato un segno di sé. Un’impronta palmare parziale scoperta subito dal reparto scientifico, la cui scia, per 13 anni, gli inquirenti non hanno mai mollato, sollecitando periodicamente controlli, verifiche e incroci ai Ris di Parma. Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani, col Nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio guidato dal tenente colonnello Maurizio Pallante, in particolare dal 2020 ha riattualizzato diversi casi di cronaca risalenti nel tempo grazie alle tecnologie via via disponibili.
Le analisi sulle tracce di sangue eseguite, ad esempio, nel caso di Silingardi, sono state fatte con una nuovissima tecnica utilizzata poi per l’inchiesta bis di Garlasco. Lo scorso 10 aprile i periodici incroci tra l’impronta e la banca dati hanno dato frutto. Evidentemente nel frattempo il 37enne è stato fotosegnalato. Per la persona individuata è stata chiesta la misura cautelare del carcere, richiesta che il gip inizialmente ha respinto, non ritenendo ci fossero le esigenze necessarie alla misura. Pantani ha fatto ricorso al Riesame, ottenendo in questo caso un accoglimento per la gravità dei fatti, il rischio di reiterazione e di fuga dell’uomo e per la sua pericolosità sociale, visto che l’indagato è già risultato essere una persona violenta e con problemi di dipendenza dall’alcol. La misura diventerà esecutiva scaduti i tempi per il ricorso in Cassazione. Archiviata l’indagine aperta un anno e qualche mese fa sui due fratelli e un nipote della vittima.
L’omicidio di Silingardi Aldo, avvenuto il 9 luglio 2012 a Correggio, era rimasto senza un responsabile, di fatto un cosiddetto cold case fino a quando i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale e la Procura della Repubblica di Reggio Emilia, guidata dal Procuratore Gaetano Calogero Paci, hanno chiesto ed ottenuto la riapertura delle indagini coordinate dal P.M. Maria Rita Pantani. Il plauso del S.I.M. ai carabinieri del Nucleo Investigativo che con determinazione, professionalità e acume investigativo hanno ricostruito il delitto, evidenziato l’importanza di un’impronta latente e richiesto alla Procura la riapertura del caso. Determinante anche il lavoro del RIS di Parma, i cui specialisti hanno, su richiesta dei colleghi del nucleo investigativo, inserito l’impronta nell’ A.P.F.I.S (acronimo di Automated Palmprint & Fingerprint Identification System, che in italiano significa Sistema Automatico di Identificazione delle Impronte Palmarie e Dattiloscopiche), ottenendo un match positivo.
“Il Sim Carabinieri desidera sottolineare con forza che, ancora una volta, l’Arma di Reggio Emilia è protagonista nella risoluzione positiva di un’indagine complessa. Questo successo dimostra come l’utilizzo sapiente della tecnologia più avanzata diventi decisivo solo quando supportato da un fattore umano di elevatissima qualità”.
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