REGGIO EMILIA – E’ in atto un conflitto, nel Nord del Mozambico. Un conflitto che non è iniziato ieri l’altro, ma quasi quattro anni fa e del quale il mondo ha preso atto solo recentemente.
Si stanno susseguendo attacchi terroristici su base islamista che nella provincia di Cabo Delgado hanno causato la morte di 2.500 persone. La capitale di quella provincia è Pemba, città bellissima e cara a Reggio Emilia dal 1970, dall’inizio degli scambi e degli aiuti, all’epoca principalmente sanitari, cominciati da Giuseppe Soncini. Pemba è lontana 250 chilometri dalla zona oggetto degli attacchi e per questo è considerata sicura sia dalle autorità locali sia dall’ambasciata, che sta rassicurando i tanti cooperatori presenti.
Tra loro c’è il reggiano Stefano Cigarini, della Fondazione E35, coordinatore di molti progetti in campo a Pemba. La città per ora è talmente sicura che il problema è opposto: non è consigliato uscire da lì e Pemba è diventata meta di decine di migliaia di persone in fuga dal Nord. “A Pemba ci sono 120mila rifugiati interni, che su una popolazione di base di 220mila sono tanti e le conseguenze sulla gestione ci sono”, ha detto Cigarini. A Pemba Fondazione E35 e Comune di Reggio Emilia lavorano assieme a Iren, all’ordine degli Architetti e alla Regione a numerosi progetti. “In ambito prescolare ed educativo, stiamo lavorando sulla rigenerazione urbana e su un progetto di gestione dei rifiuti”, ha aggiunto Cigarini.
Stefano, che dovrebbe rientrare a Reggio Emilia a inizio luglio, si trovava a Pemba nell’ottobre 2017 quando avvenne il primo attacco, alla stazione di Mocímboa da Praia. Ma è stato solo con l’attentato a Palma, ovvero recentemente, che la situazione è salita alla ribalta internazionale. Perché? Non c’è una risposta sola. Sicuramente, il fatto che venisse attaccato il territorio dove sono presenti gli investimenti di Total ed Eni, il territorio in cui c’è molto Occidente, ha avuto il suo peso. “Poi, dall’estate scorsa il governo mozambicano ha iniziato a riconoscere che si tratta di una guerra vera e propria – ha concluso Cigarini – anche se di notizie non ne fa uscire; il primo a parlare del conflitto a livello internazionale è stato Papa Francesco a Pasqua 2020”.
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