REGGIO EMILIA – Non è strano che un’azienda voglia acquistare la propria sede. E non è raro che compravendite immobiliari e contratti d’affitto coinvolgano persone fisiche o giuridiche legate agli azionisti di controllo; anche a Reggio la lista sarebbe lunga. Sono altri gli elementi che danno da pensare nella storia che Tg Reggio ha raccontato ieri circa l’acquisto della villa di Rivaltella da parte del gruppo Ferrarini.
Tanto per cominciare, dà da pensare il fatto che la Ferrarini abbia pagato in questi anni 36 milioni e 866mila euro per comprare un immobile che ora spera di poter rivendere, se tutto va bene, per 8 milioni e 328mila euro. Questo, infatti, è il valore di villa Corbelli secondo i periti incaricati dalla stessa società. Lascia perplessi il fatto che, mentre manifestava evidenti segni di carenza di liquidità, tanto da avere difficoltà di accesso al credito bancario e da non versare le ritenute Irpef e i contributi Inps per i dipendenti, il gruppo Ferrarini sia tuttavia riuscito a pagare quasi 37 milioni di acconti per l’acquisto della villa.
Fa riflettere il fatto che questi soldi siano finiti a Lina Botti, l’anziana madre dei fratelli Ferrarini, che era proprietaria dell’immobile dopo la morte del marito. Così come fanno riflettere le variazioni del canone d’affitto. Prima, ai tempi di Lauro Ferrarini, l’azienda pagava un canone simbolico. Poi, dal 2016 la Società Agricola Ferrarini ha cominciato a versare alla Botti 2 milioni all’anno e a subaffittare a Ferrarini Spa per 3 milioni l’anno. Canoni talmente onerosi da essere tagliati dell’80% nella primavera del 2019, dopo il dissesto.
E’ una vicenda in cui gli interessi della famiglia non sembrano coincidere con quelli dell’azienda. Uno dei non pochi episodi di questo genere che hanno caratterizzato la parabola del gruppo agroalimentare.
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