REGGIO EMILIA – Un attimo! Non t’arrabbiare Gianni. Non voglio parlare di fascisti e comunisti, di donne che chiedono la parità pensando di valere più degli uomini. Dammi un secondo. Lo so che ci vuole il pivot! E so anche che non è giusto criticare gli arbitri perché sono più vicini di noi all’azione e possono vedere meglio il gioco. Stammi ad ascoltare un momento! Non andare su tutte le furie se la signora Maria sostiene che Pavarotti sia stato il più grande mentre secondo te Jussi Bjorling fu insuperabile. So pure che ha telefonato Mario di Guastalla che si lamenta perchè non fai mai sentire la Kabajvanska mentre proprio sabato scorso era in scaletta! E poi ti do pure ragione: se al corteo matildico non chiamano più Stefania Sandrelli o Manuela Arcuri, è un’altra cosa rispetto alle edizioni del passato. Controllati un minuto che altrimenti fai arrabbiare me. Voglio soltanto dirti ‘grazie’. Tutto qua.
Grazie perché tu, orfano a 10 anni a causa di una guerra insensata come tutte le guerre, sei andato lontano da Reggio, a Genova, e con quella faccia un po’ così e l’espressione un po’ così mi hai insegnato che non ha senso voler male alle persone. Ci si può arrabbiare, ma dopo 30 secondi le si amano più di prima. Grazie perché da te ho imparato a riconoscere il fascino della lirica in una partita di basket e l’emozione di una vittoria in una rappresentazione in teatro. Proprio così, perché Mitchell era Pavarotti, anzi Bjorling, e Caruso cantava da tre che era un piacere. Grazie perchè mi hai sempre stimato anche quando non lo meritavo. Grazie perché mi e ci hai tenuto compagnia con un amore e un rispetto viscerali verso il pubblico. Un attimo. Non t’arrabbiare Gianni. Ci manchi già.
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