REGGIO EMILIA – Fu la cooperativa architetti e ingegneri fondata da Antonio Pastorini, Eugenio Salvarani e Osvaldo Piacentini a progettare per l’impresa Degola & Ferretti quello che venne subito etichettato come il ‘grattacielo‘ di porta San Pietro. Il progetto originale prevedeva due costruzioni al posto delle gabelle ottocentesche della cinta daziaria che chiudeva la città. I lavori per le fondamenta del nuovo edificio nel 1952 misero in luce i resti delle antiche mura della porta medioevale.
Obiettivo degli architetti era di sviluppare la città in altezza, in linea con quanto avveniva in altri centri della regione, creando un supercondominio dotato di tutti i comfort dei modelli americani e nordeuropei. Ai dodici piani iniziali, ripartiti in tre ali per cogliere meglio la luce, fu aggiunto con una variante un attico panoramico. Nei moderni appartamenti si insediarono esponenti della classe media e imprenditoriale reggiana.
Il secondo progetto fu bocciato dalla Soprintendenza, sempre più contraria alla demolizione di parte del tessuto storico della città. Piazzale Tricolore era, in passato come oggi, un nodo fondamentale della circolazione cittadina. Le immagini della fototeca Panizzi ci restituiscono la memoria delle varie trasformazioni. In origine era porta di ingresso nella città circondata dalle mura, poi varco di passaggio nella cinta daziaria col nome di barriera Vittorio Emanuele II.
Nel secondo dopoguerra con l’abolizione della monarchia e la nascita della Repubblica è diventata semplicemente barriera San Pietro e poi piazzale Tricolore, inizialmente con un’enorme rotonda stradale al posto dei successivi impianti semaforici. Il grattacielo è diventato un landmark, un punto di riferimento per la città, anche se oggi probabilmente quell’idea non sarebbe più apprezzata come allora.
Servizio di Gian Piero Del Monte
Telereggio Reggio Emilia Tg Reggio grattacielo









