REGGIO EMILIA – Novità non indifferenti nell’appello bis sui due delitti di ‘ndrangheta del 1992 che nel Reggiano fecero capire come fosse sanguinaria la faida in corso nella cosca cutrese e non riguardasse solo la Calabria. In primis la Corte ha ammesso un filmato proposto dall’avvocato Milena Micele che difende Antonio Lerose, accusato di far parte del gruppo di fuoco che ammazzò a Brescello Giuseppe Ruggiero. Lerose da sempre dice di non c’entrare nulla e la sua difesa con questo video ha ricostruito il delitto brescellese con l’intenzione di smentire le parole del pentito Valerio. Il collaboratore di giustizia indica in Lerose l’uomo che bussò alla porta dicendo ‘carabinieri’, ingannando Ruggiero e la moglie Maria Stella Camposano anche con la falsa gazzella dell’Arma in sosta nel cortile con il lampeggiante acceso per non permettere di riconoscere i coinvolti. La donna, sentita più volte, ha invece spiegato di non aver sentito parlare nessuno e, sporgendosi dalla finestra della camera da letto, aveva visto la finta auto di servizio. Nel filmato girato ora nella casa di via Venturini, posizionando nella notte lo stesso modello di auto del ’92 con un identico lampeggiante, la difesa intende invece dimostrare che al contrario quella luce intermittente non abbagliava, ma illuminava bene il cortile, il che avrebbe permesso di vedere bene anche il commando.
Su questo video accusa e difesa si daranno battaglia più avanti. Sarà risentita la moglie di Ruggiero, come diverse altre persone indicate dalla Procura generale, fra cui il boss Nicolino Sarcone già condannato a trent’anni di carcere: ha ammesso di aver ucciso sempre nel 1992 Nicola Vasapollo (a Reggio Emilia) e di aver contribuito all’organizzazione dell’assasinio di Brescello. Già risentiti per alcune precisazioni, protetti da un paravento, altri due collaboratori di giustizia: Salvatore Muto e Giuseppe Liperoti. Pure tre imputati hanno annunciato dichiarazioni spontanee. Si sta profilando un processo sempre più complesso.
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