REGGIO EMILIA – Dalle urne del 26 gennaio è uscita una mappa a due colori: Bonaccini e il Pd hanno vinto in tutti i centri urbani lungo la via Emilia da Parma a Rimini e Ravenna. La vittoria è stata particolarmente netta a Reggio, Modena e Bologna. In queste ultime due città Bonaccini ha addirittura doppiato la Borgonzoni. Nelle aree periferiche, come le province di Piacenza e Ferrara, e soprattutto nella fascia appenninica ha invece vinto nettamente il centrodestra. Anzi, ha vinto la Lega.
I numeri della nostra montagna sono eloquenti. Qualche esempio: il Carroccio ha avuto il 47% a Villa, il 60% a Minozzo, e poi ancora il 49% a Sologno, il 51% ad Asta, il 41% a Civago e il 48% a Morsiano. Stessa musica nel comune di Ventasso. Il risultato più modesto è il 36% di Busana, poi ci sono il 46% di Cervarezza, il 41% di Collagna, il 53% di Ligonchio e il 38% di Ramiseto, con punte oltre il 60% a Talada e a Cerreto Alpi. Il Pd è sempre dietro, staccato di 10-20 punti, a volte anche di 40.
E’ come se centri urbani e aree periferiche fossero due mondi diversi. A questa distanza crescente, si aggiunge un paradosso: le parole d’ordine che stanno alla base della comunicazione della Lega – come lo slogan “prima gli italiani” – in montagna sembrerebbero perdere di significato, perché i migranti sono pochissimi. Eppure quegli slogan funzionano più lì che nelle città, dove la presenza di immigrati è ben più elevata ma il Pd vince con ampio margine.
Sotto queste nuove fratture sociali e geografiche si nasconde però anche ciò che resta delle culture politiche tradizionali. In molti dei comuni reggiani in cui domenica 26 gennaio ha vinto la Lega, nella Prima repubblica il primo partito non era il Pci, ma la Democrazia cristiana.
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