REGGIO EMILIA – La tesi della Procura, secondo la quale in Comune a Reggio era prassi consolidata confezionare le gare d’appalto su misura, non ha retto la prova del processo. Dei dieci capi d’imputazione del processo che si è concluso in marzo, 7 hanno visto gli imputati assolti perchè il fatto non sussiste. Per altri due, nei quali la figura chiave era Santo Gnoni, è intervenuta la prescrizione. Nel primo di questi due casi (la gara comunale per la ricerca di due avvocati e l’appalto di servizi legali), la Corte ha ravvisato elementi indiziari da cui si evince l’interessamento di Gnoni affinché la gara fosse aggiudicata a coloro che poi effettivamente l’hanno vinta. Nel secondo caso (un’accusa di sollecitazione alla corruzione) Gnoni agiva non come dirigente dell’Ufficio legale del Comune, ma come membro della Commissione tributaria provinciale. Infine, per uno dei dieci capi d’imputazione, c’è stata la condanna per turbativa d’asta di 4 dei 6 imputati a giudizio per questo filone: lo stesso Gnoni, Roberto Montagnani e gli imprenditori Lorenzo e Vincenzo Corradini.
Le motivazioni della sentenza permettono di cogliere meglio il senso del verdetto pronunciato il 21 marzo scorso. Non che mancassero le zone d’ombra, gli aspetti da chiarire, i comportamenti discutibili o addirittura censurabili di taluno. Ciò che mancava era invece quella che la Procura ha definito la “radicata prassi” di gestire le gare come abiti cuciti su misura per un vincitore deciso in anticipo. La gara per il trasporto scolastico, la gestione della sosta e la Ztl, ad esempio, secondo i giudici non era affatto truccata, ma rispondeva a precisi criteri economici e ha consentito al Comune di incassare in 8 anni 4 milioni di euro di canoni anziché 720mila. Nella gara per la gestione del nido Maramotti, invece, i funzionari comunali – secondo i giudici – hanno perseguito l’interesse pubblico, bloccando un’offerta anomala che avrebbe creato disagi agli utenti.
Il venir meno delle intercettazioni precedenti il 27 luglio 2016, inutilizzabili perché autorizzate per la prova di reati che non erano oggetto del processo, ha avuto il suo peso in alcuni capitoli del dibattimento. Ma nel suo insieme, che è fatto di decine e decine di gare ogni anno, l’attività amministrativa del Comune è sana. Mai, nelle 168 pagine della sentenza firmata da Sarah Iusto, ricorre la parola “sistema”. Il sistema, di cui tanto abbiamo discusso a Reggio negli ultimi 5 anni, secondo i giudici non c’è.
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