CAMPAGNOLA (Reggio Emilia) – Dei 625 partigiani che persero la vita durante i venti mesi della Resistenza, uno su cinque fu ucciso fra il 22 e il 26 aprile del 1945. Basta questo dato per capire la tensione che si respirava nei giorni a cavallo della Liberazione. In pianura, poi, la guerra civile toccò il massimo livello di violenza. “La guerra in montagna era più simile ad una guerra combattuta sul campo di battaglia, in pianura era un continuo affrontarsi e stare gomito a gomito, nelle comunità e nei paesi – spiega Massimo Storchi, storico di Istoreco – Di giorno c’era il dominio dei fascisti, la notte c’era il dominio dei partigiani. In questa lotta così feroce le informazioni, quindi la presenza delle spie, vere o presunte, era un vero e proprio incubo per il movimento partigiano’
Nelle suo libro “Combattere si può, vincere bisogna”, presentato in tutte le università italiane, Massimo Storchi ha ricostruito le giornate dal 25 aprile alla fine della guerra, il 2 maggio: il crollo della Repubblica Sociale Italiana e la voglia di giustizia dopo il ventennio fascista. In pianura – ci spiega -, con i Sap, la Resistenza fu importante, ma la debolezza dei vincoli di comando portò talvolta a casi di giustizia sommaria: persone prese a piccoli gruppi e, contrariamente alle disposizioni del CLN, non arrestate in attesa di un processo ma uccise e seppellite.
“Io faccio il caso di Correggio dove il comandante era uno come Germano Nicolini: lui si oppone strenuamente ad ogni azione di violenza sommaria, non esita a mostrare le armi agli stessi abitanti che vogliono farsi giustizia da soli, aveva la consapevolezza del suo ruolo di comandante, della necessità di riportare il prima possibile le regole della legalità. Dove invece non c’erano questi tipi di comandanti, come a Campagnola, Castelnovo Sotto e Poviglio, purtroppo le azioni di violenza si sono moltiplicate”.
Ma chi erano le persone i cui resti sono stati ritrovati al Cavon di Campagnola? Fascisti della prima ora, risponde Storchi, che hanno confermato la loro scelta aderendo alla Repubblica di Salò, appartenenti ai corpi armati o all’apparato amministrativo, ma anche possidenti agrari finanziatori del fascismo e poi persone che, a torto o a ragione, erano indicate come spie. Lo storico reggiano ha analizzato questo passaggio estremamente importante per il nostro Paese, sottolineando come questi episodi si siano verificati dopo il 25 aprile, ma sempre durante la guerra. “Il 25 aprile è una data simbolica, la guerra finisce il 2 maggio del ’45. Tutte queste azioni tragiche sono azioni di guerra”.
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