RUBIERA (Reggio Emilia) – Giovanni Paparcuri era l’autista del giudice Rocco Chinnici il giorno del tragico attentato di mafia nel 1983. E’ sopravvissuto all’esplosione e martedì sera ha raccontato il suo impegno contro la criminalità organizzata.
Il 29 luglio di quell’anno Paparcuri era alla guida dell’auto blindata giunta come ogni giorno per prelevare dalla sua casa di via Pipitone a Palermo il procuratore, quando fu investito dall’esplosione che uccise il magistrato, due uomini della scorta e il portiere dello stabile. Da anni gira per l’Italia e l’altra sera ha fatto tappa a Rubiera per incontrare i cittadini e gli alunni delle scuole secondarie di primo grado.
“Lo dico con orgoglio – le sue parole – Un semplice autista può fare antimafia e io credo di averla fatta. Come diceva don Pino Puglisi, tutti possono fare qualcosa: ho fatto qualcosa di piccolo, di grande? Non lo so”. La stima di cui gode Paparcuri è confermata dall’accoglienza che ha ricevuto in Procura, a Reggio, dove è andato a scambiare un saluto col procuratore capo Calogero Paci, conoscenza di vecchia data a Palermo. L’ex autista, ripresosi dalle conseguenze dell’attentato, si è convertito nel ruolo di informatico e ha gestito, assieme ai magistrati Falcone e Borsellino, la documentazione del maxi-processo alla mafia siciliana.
“C’era bisogno di un informatico per gestire gli atti del maxi-processo. Scoprirono questa mia passione i magistrati, in particolare Borsellino, e così iniziò la mia seconda vita”. Altri attentati hanno stroncato la vita dei due magistrati. Paparcuri, per sei anni, è stato custode e guida per ben 30mila visitatori del piccolo museo detto “del bunkerino”, negli uffici in cui lavoravano i due amici. Oggi, a 67 anni, nonostante i momenti di amarezza, continua a portare il suo messaggio per la legalità. “Si arrestano anche i politici, quelli che ci devono amministrare. Questo è quello che mi fa male, quindi la morte di quelle persone non è servita a nulla. Se tu sei un corrotto, chiedi la mazzetta o la bustarella e cose varie, non sei da meno di un semplice mafioso”.
Gian Piero Del Monte
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