REGGIO EMILIA – Giovanna Fava, avvocata e femminista: potrebbe essere il titolo della tua biografia. Questa però è una buona occasione per dirci come approdi a entrambe le scelte.
Nel 1997, ossia dal momento della sua fondazione, sei tra le avvocate che forniscono consulenza e assistenza presso il Centro Antiviolenza di Reggio che proprio in quell’anno, grazie a un rapporto fruttuoso di collaborazione tra Associazione Nondasola e Comune, tuttora in essere, apre i battenti. Che idea ti sei fatta delle relazioni uomo-donna in una città che pure dovrebbe avere una lunga tradizione democratica e dunque anche attenta al pieno riconoscimento della soggettività femminile?
“Ho conosciuto il movimento femminista nell’ambito del movimento studentesco mentre abitavo e studiavo a Modena. E’ in quell’ambito che ho conosciuto Marco, reggiano studente a Modena, con cui poi, una volta approvata la storica riforma del diritto di famiglia ho contratto matrimonio. La precisazione non è ultronea in quanto non avrei mai accettato di sposarmi con regole del codice civile che prevedevano ancora la “potestà maritale” e la “patria potestà”, che la donna acquisisse il cognome del marito e che dovesse seguirlo e obbedirlo. La nostra è stata un’unione che ha avuto come presupposto ineludibile la parità e il rispetto reciproco e che presupponeva che non ci fossero “lavori da donna” e “lavori da uomo”, ma lavori di cura che tutti dovevano e potevano svolgere. Reggio Emilia era allora, nel 1976, una città effervescente e donne e uomini che ho conosciuto erano tutti animati da un grande desiderio di cambiamento e di essere migliori. La scelta di laurearmi in giurisprudenza e il mio impegno politico nel movimento delle donne sono andati di pari passo. La militanza nell’Udi reggiana sui temi della libertà femminile è poi confluita nel 1997 nella decisione di fondare con le altre 20 donne l’Associazione interculturale contro la violenza alle donne “Nondasola”. Quando l’abbiamo fondata non avevamo idea di quale dimensioni sarebbe stato l’accesso alla “Casa delle Donne”, aperta grazie al contributo del Comune. Ricordo che dicevamo che se il nostro intervento avesse aiutato anche una sola donna ad uscire da una situazione di violenza e prevaricazione, ne sarebbe comunque valsa la pena. Sono i dati raccolti in questi anni a dirci che, al di là della lunga tradizione democratica e paritaria, c’era necessità di una “casa delle donne” e che le situazioni di violenza non erano appannaggio di cittadini stranieri, che non si può mai dare nulla per scontato, che non basta cambiare le leggi ma occorre cambiare la cultura in cui tutti siamo immersi”.
Con largo anticipo rispetto a quanto stabilito nel 2011 dalla Convenzione di Istanbul, nella nostra città nasce una rete tra istituzioni, nel 2006/7, coordinata dal Comune e che vede all’interno rappresentati tutti i soggetti con i quali viene a contatto una donna che subisce violenza, dal Centro Antiviolenza alle forze dell’Ordine, dalla procura al Tribunale, dal Pronto Soccorso ai medici di base, dai Servizi Sociali alla Scuola, dall’Ordine degli Avvocati alla Prefettura. Con la tua presenza in questa Rete, chiamata Tavolo interistituzionale di contrasto della violenza contro le donne, sei stata, in rappresentanza del Forum delle donne Giuriste, un punto di riferimento costante. Quanto questa militanza, anche professionale ha segnato nel bene e nel male la tua vita?
“Il Forum Associazione Donne Giuriste, è stata la prima associazione di giuriste ad occuparsi di diritto di famiglia in Italia, con lo scopo di creare una cultura e una giurisprudenza che tenga conto del sapere delle donne, vanta tra le sue fondatrici avvocate e militanti storiche. Per me posso dire che non avrei potuto/saputo svolgere in altro modo la mia professione di avvocata, sarebbe stato impensabile svincolarla dall’impegno politico concreto. Pur con tanti stop and go, penso che l’impegno mio e delle tante avvocate che sono impegnate a segnalare i problemi, studiare il diritto nazionale e degli altri paesi, monitorare la giurisprudenza ed individuare risposte, sia stato fondamentale per una giustizia che tenga conto del genere”.
A febbraio 2018 si sono chiusi i lavori di inchiesta della Commissione sul femminicidio e sulla violenza contro le donne in Italia ed è emerso che circa il 50% dei processi per questo tipo di reati si conclude con l’assoluzione degli imputati, con enormi differenze tra i tribunali italiani. Ma non basta. Di recente la Cedu ha avuto parole pesanti per l’Italia e i suoi giudici che in una sentenza assolutoria per uno stupro di gruppo hanno inserito valutazioni arbitrarie circa le scelte sessuali e i comportamenti personali della vittima non rilevanti per la sua attendibilità. Quand’è che anche il mondo della giustizia uscirà dallo stereotipo e dal pregiudizio? Quando la giudice Paola Di Nicola non sarà un’eccezione?
“I Giudici che si sono rapportati con ascolto ai problemi che le avvocate dei centri antiviolenza hanno posto, organizzando seminari ed incontri di formazione, hanno anche fatto sì che il CSM, sin dal 2006, emanasse delibere di indirizzo per i magistrati, si formassero pool dedicati ai reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori. La legge sulla violenza sessuale risale al 1996 e già da allora prescrive che non si possano fare domande ed indagini sulle scelte sessuali e sui comportamenti della persona offesa. Siamo solite dire che per un furto in gioielleria non si chiede al gioielliere di dimostrare che ha fatto tutto il possibile per non essere rapinato, alla donna vittima di violenza si continua a chiedere questo, in una sorta di inversione dell’onere della prova, se poi la ragazza si prostituiva, come in un recente caso che ho seguito per il Centro Antiviolenza di Parma, che ha visto sul banco degli imputati un ricco imprenditore di quella città, la difesa avrebbe preteso di dare per scontato il consenso della donna alle peggiori cose. Il Tribunale di Parma ha creduto alla ragazza e alla mancanza di consenso. Questo dimostra che Giudici attenti come Fabio Roia e Paola Di Nicola, anche se meno famosi e meno esposti, ve ne sono tanti e ho notato un sempre maggiore rispetto da parte loro nei confronti della persona offesa, negando accesso a domande contra legem da parte dei difensori degli imputati che pensano di difendere meglio il loro assistito screditando la vittima”.
Bambini sottratti da padri che strumentalizzano la relazione paterna come comportamento punitivo nei confronti delle madri divenute ex mogli o ex compagne: ne hai fatto esperienza come legale con la vicenda del piccolo Leonardo, sottratto alla madre e finito in un paesino della Turchia. Troppo facile e consolatorio ascrivere queste condotte a appartenenze religiose o culturali altre, vero?
“Ritengo che sui bambini si stia giocando una partita particolarmente importante che va oltre lo scontro fra i sessi. La denatalità e il basso livello di occupazione femminile dovrebbero far riflettere i nostri politici sull’importanza delle misure di supporto alla maternità e alla paternità. Sgombro subito il campo da giudizi precostituiti e ritengo vada dato atto che, pur in misura ancora insufficiente, tanti uomini hanno cambiato il loro focus e si dedicano molto di più di quanto accadesse in passato, ai loro figli. Ma questa attenzione non è generalizzata ed occorre che ogni genitore ed ogni bambino possa accedere al nido, alla scuola materna, al centro estivo. Ogni situazione poi deve essere esaminata a sé, caso per caso. Certamente la situazione si complica quando parliamo di unioni miste in quanto i genitori di diversa estrazione, cultura, religione, paese, potrebbero aver dato per scontato un progetto educativo e di vita per il bambino, assolutamente non condiviso. Il problema si pone quando l’unione di scioglie e se la separazione non è stata concordata spesso il bambino diventa il punto di scontro e l’arma con cui ricattare l’altro. Il primo caso di sottrazione di minore che ho seguito è risalente e nonostante l’affido esclusivo del bambino alla madre il padre riuscì a rapirlo e portare in Tunisia. Servì l’impegno del governo italiano e tutta la forza e l’energia della mamma che si recò ripetutamente in Tunisia e si riuscì a riportarlo in Italia. Il bambino di allora è cresciuto e la mamma mi ha mandato recentemente una sua fotografia con la corona di alloro per la laurea ottenuta. Il caso di Leonardo, che sto seguendo ora, è ancora più complesso in quanto il padre, nato e vissuto in Germania, aveva già minacciato la madre che se si fosse separata avrebbe portato il bambino in Turchia in un luogo dove non l’avrebbe più trovato. Ad “agevolare” il piano folle dell’uomo sono stati una valutazione di un Consulente tecnico d’ufficio e provvedimenti applicativi dell’affido condiviso da parte del Tribunale di Firenze, con tempi del tutto inadeguati alle esigenze di un bambino di pochi anni e sottovalutando la violenza e l’aggressività agite dall’uomo all’interno della coppia genitoriale. Non c’è al fondo di questa sottrazione né un problema religioso né un diverso orientamento culturale ma solo un preciso piano organizzato per “farla pagare” alla madre, senza tener conto del fatto che oltre alla sofferenza della madre vi è anche una grande sofferenza del bambino. Non nego che questa vicenda è per me fonte di grande preoccupazione perché nonostante tutte le indagini e gli interventi legali fatti con grande velocità e sacrificio economico, e nonostante il Tribunale di Urla abbia stabilito che si applica la convenzione dell’Aia e che il bambino deve essere restituito alla madre in Italia, ancora la decisione non è esecutiva e, a distanza di un anno dal rapimento, ancora non siamo in grado di prevedere quando questo possa verificarsi”.
Si legge in Nato di donna di Adrienne Rich:” A formarci sono l’esperienza, il caso, le stelle e il tempo, i nostri compromessi e ribellioni, e soprattutto l’ordine sociale attorno a noi”. Sei d’accordo?
“E’ bella questa riflessione di Adrienne Rich.
Pur non volendo diminuire l’importanza del favore delle stelle e dell’ostilità di Saturno, penso che nulla succeda a caso e che ognuno di noi tenda a realizzare quello in cui crede e cerchi nel rapporto, anche conflittuale, con gli altri il raggiungimento di un pensiero positivo.
Per quanto mi riguarda, per la formazione di quella che sono oggi, mi sento debitrice nei confronti delle persone che ho conosciuto, in particolare di alcune donne importanti che ho incontrato nella mia vita, delle letture che ho fatto, delle speranze che nutrito, delle opportunità che mi sono state date”.
Natalia Maramotti
Chi è Giovanna Fava
Giovanna Fava è nata a Nonantola (Modena) e si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Modena con una tesi sui Consultori ed una tesina sul riparto di competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni in ordine all’affidamento dei figli. E’ iscritta all’Albo Avvocati del Foro di Reggio Emilia dal 1981 e all’Albo Speciale della Cassazione e delle altre superiori giurisdizioni dal 1996. E’ socia fondatrice e attuale Presidente del FORUM Associazione Donne Giuriste, socia di Aiaf, Associazione avvocati della famiglia e dei minori, e di AGI, Associazione Giuslavoristi Italiani. E’ co-fondatrice dell’associazione Laboratorio Giuridico Panciroli e socia fondatrice dell’associazione interculturale contro la violenza alle donne Nondasola. Dalla sua costituzione è componente del Tavolo Interistituzionale di contrasto sulla violenza contro le donne coordinato dal Comune di Reggio Emilia. E’ stata insignita del Tricolore dal Sindaco di Reggio Emilia, per l’impegno sociale svolto nel campo della prevenzione e del contrasto della violenza maschile contro le donne, in data 8.3.2010. Docente in corsi, seminari, lezioni, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, di Bologna, di Parma, con l’Ordine degli avvocati di Reggio Emilia, Parma, Mantova, Modena, Pesaro, Modica, Udine, Bologna, Taranto, Ascoli Piceno, Milano, Bolzano nonché nei Corsi di formazione sul diritto di famiglia organizzati da IPSOA a Pesaro, Parma, Mantova, Piacenza, Pescara, Ancona, Perugia, Roma, ha al suo attivo innumerevoli scritti in particolare in materia di diritto di famiglia, nonché in tema di violenza maschile nei confronti delle donne e di abuso su minori. E’ stata ed è autorevole relatrice in convegni aventi ad oggetto i medesimi ambiti del diritto.
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