REGGIO EMILIA – Botte ai genitori per avere i soldi, soldi che dopo poco andava a giocarsi. Agghiacciante la storia maturata negli ultimi mesi nella zona delle ceramiche e terminata con una denuncia per lesioni, minacce, estorsione, maltrattamenti in famiglia e indebito uso di carte bancomat ai danni di un 36enne disoccupato. I carabinieri di Casalgrande hanno appurato che l’uomo da inizio anno minacciava madre e padre perché gli dessero il denaro che gli serviva come l’aria, e quando i coniugi si opponevano erano pugni, calci, spintoni. In qualche occasione, per proteggerlo sperando che le cose migliorassero, la coppia non è andata al pronto soccorso per evitare le domande dei sanitari, ma le cose non sono migliorate. Il 36enne a suon di minacce e violenza ha sottratto loro 13mila euro, e i coniugi si sono rivolti ai militari.
Abbrutirsi in questo modo è il sintomo ultimo della patologia secondo Umberto Caroni, responsabile dell’area Azzardo Point del centro sociale Papa Giovanni XXIII. Non accade spesso per fortuna. Invece quel che è quasi la norma tra i giocatori patologici è il sotterfugio, l’inganno nei confronti dei famigliari. La pandemia sulla carta ha quasi azzerato il fenomeno: c’è stato un calo dell’80% nel reggiano del volume d’affari del gioco d’azzardo. Cifre della Papa Giovanni ma anche del Sert. “Ma questo solo perché le sale erano chiuse. Il problema è che lo stop di più di un anno ha convinto i ludopatici di essere guariti – dice Caroni – Invece non è cosi e adesso stiamo avendo l’inizio dell’ondata di ritorno”. L’età media delle persone che chiedono aiuto al centro – adesso sono 35 quelle in cura – è di 45-50 anni. Molto più bassa, attorno ai 30, quella di chi scommette sulle partite online: un settore che invece nemmeno la pandemia ha fermato.
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