REGGIO EMILIA – Click compulsivi, vincite lampo e interfacce che sembrano innocue. Spesso, sul web, il confine tra intrattenimento e dipendenza si assottiglia fino a scomparire. Su queste basi si è sviluppata la serata ai Chiostri di San Pietro nell’ambito di un appuntamento ‘Insert Coin – Quando il gioco si fa sporco‘, che ha esplorato il lato oscuro del gioco d’azzardo digitale in un viaggio tra design, meccaniche ludiche e psicologia del comportamento.
Quando, infatti, il design induce all’azzardo, la gamification innesca circoli viziosi e compulsivi e il digitale diventa un’esca ben progettata, è ora di fermarsi e porsi qualche domanda: chi progetta questi giochi? A chi sono destinati? Chi ne cura le conseguenze? Quello che si può notare oggi è una stratificazione generazionale simile a quella per le dipendenze da sostanze: nuove generazioni di giocatori che si affiancano a quelle storiche, con modalità diverse ma identiche vulnerabilità.
Lara Bianchini, psicologa e psicoterapeuta del servizio AzzardoPoint della cooperativa Papa Giovanni: ‘Abbiamo notato che si è notevolmente abbassata l’età media delle persone che abbiamo in carico. Quello che stiamo percependo è che, forse l’incertezza del futuro che caratterizza questo tempo va a sposarsi con la gratificazione immediata che spesso il gioco d’azzardo fornisce. I giovani sono attratti da questo’.
Il progetto AzzardoPoint, promosso dal Comune e gestito dalla cooperativa Papa Giovanni, ha come obiettivi quelli di informare, sensibilizzare e offrire strumenti di consapevolezza sul gioco d’azzardo patologico e sulle nuove dipendenze digitali, in particolare tra le nuove generazioni.
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