TOANO (Reggio Emilia) – Gli interrogativi restano anche dopo la scarcerazione: perché i familiari non hanno denunciato la scomparsa di Giuseppe Pedrazzini? E perché il pozzo nel quale il cadavere del pensionato è stato ritrovato era chiuso? Uscendo dal carcere, gli indagati hanno detto “emergerà la verità”. E di sicuro resta ancora tanto da accertare sulla vicenda di Toano. L’autopsia sul corpo del pensionato di 77 anni darà informazioni fondamentali e potrebbe cambiare la posizione della moglie, Marta Ghilardini, della figlia Silvia Pedrazzini e del marito di quest’ultima, Riccardo Guida.
In aula, assistiti dagli avvocati Ernesto d’Andrea e Rita Gilioni, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nei loro confronti sono cadute le accuse di omicidio e sequestro di persona. Secondo il giudice per le indagini preliminari, gli elementi raccolti dalla procura non sono sufficienti e i tre sono quindi stati rimessi in libertà. Restano le accuse di soppressione di cadavere e di truffa ai danni dello Stato per avere continuato a percepire la pensione del 77enne.
E’ stato dunque disposto l’obbligo di firma presso la caserma dei carabinieri e di dimora, per la coppia, a Taranto, città originaria di Guida, e a Toano per la vedova, ma in un’abitazione diversa da quella della famiglia, ora sotto sequestro. Ieri sono proseguiti per tutto il giorno gli accertamenti dei carabinieri nel pozzo.
Il genero di Pedrazzini, appena fuori dal carcere, ha parlato di un terreno che la suocera avrebbe dovuto vendere per 50mila euro, il rogito era stato fissato per la prossima settimana ed è stato bloccato. “Evidentemente a qualcuno dava fastidio”, ha detto riferendosi alla decisione degli altri familiari di denunciare ora la scomparsa del 77enne. Ma le domande restano comunque tante.
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