SAN MARTINO IN RIO (Reggio Emilia) – Sabrina Guidetti ha mosso gli arti. Sono i primi segni dopo 18 giorni di coma. Reazioni avvenute nelle ultime ore e definite “positive” dal direttore della Rianimazione di Reggio Federico Piccioni, il quale aggiunge però come ancora non sia possibile fare previsioni sui tempi che serviranno per arrivare a stabilire un contatto con la paziente. I sanitari non si sbilanciano, quindi. “Prognosi ancora riservata, e ancora non siamo in grado di dire in quali condizioni la signora si sveglierà”, prosegue il medico, che viste le indagini in corso non può pronunciarsi sul tipo di farmaco in questione. “Benzodiazepine” sta ad indicare una classe di psicofarmaci che hanno effetti ansiolitici o ipnotici, ma dentro quella categoria sono contemplati molti prodotti.
La molecola ingerita da Sabrina Guidetti non è contrastabile con meccanismi come la dialisi. Tradotto: solo l’organismo può espellerla, col tempo. Ed è quello che sta avvenendo pian piano nel caso della 54enne, trovata in questo stato dai sanitari del 118 chiamati dal figlio in via Magnanini a San Martino in Rio il pomeriggio del 24 aprile. Nella stanza accanto, il marito Paolo Eletti era privo di vita. Secondo gli inquirenti è proprio il figlio Marco il responsabile dell’uccisione dell’uomo e dei tagli trovati sui polsi della donna: tagli di lievissima entità, ferite molto poco profonde. Il problema per la 54enne è l’intossicazione.
In attesa dell’arrivo, previsto per la prossima settimana, del nucleo dei carabinieri di Roma specializzati in analisi dei profili criminologici, domani mattina il Ris di Parma tornerà sul luogo del delitto per nuove rilevazioni scientifiche: sui mobili, sui pavimenti, sugli spazi della casa. Paolo Eletti è stato trovato in salotto, la moglie Sabrina era in cucina. In garage, in un contenitore, era stato dato fuoco a guanti in lattice e lacci, un incendio che lo stesso Marco Eletti ha spento poco dopo aver – questo è quello che sostiene l’indagato, in carcere dalla mattina del 25 aprile – trovato i genitori in quelle condizioni. Tra gli indizi a carico del 33enne ci sarebbero tracce di sangue sul cappuccio della felpa che indossava. Schizzi, e non macchie, per la procura compatibili con il risultato di colpi di martello. Ma la prova regina manca e l’avvocato dell’indagato ha sempre ribadito come ci siano molti elementi da chiarire.
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