REGGIO EMILIA – “Ecco mamma, te lo presento: è lui l’uomo che amo”. Così diceva Saman Abbas. E’ l’inizio dello scorso gennaio, la 18enne è in comunità a Bologna.
Da qualche settimana ha denunciato i suoi genitori perché volevano costringerla a un matrimonio in Pakistan, i servizi sociali e i carabinieri l’hanno trasferita in un luogo protetto. A fine 2020 conosce, sui social, Ayub Saqib, 24enne che abita nel Frusinate. Poco dopo lui va a trovarla a Bologna. Quel giorno la ragazza fa una videochiamata alla madre, per presentarle il fidanzato.
Passa poco tempo: il 25 gennaio il padre di Saman, Shabbar Abbas, vola in Pakistan e assieme a un cognato si dirige dai parenti di Saqib e li minaccia. E’ l’inizio del coinvolgimento del 24enne nel filone indagini sulla scomparsa della ragazza, ritenuta vittima di omicidio perpetrato da cinque suoi famigliari. Perché il giovane, il 9 febbraio, denuncerà ai carabinieri della cittadina laziale le minacce ricevute dai suoi e con lo stesso racconto si paleserà agli inquirenti reggiani a maggio, quando ormai le ricerche di una ragazza scomparsa sono diventate le ricerche del corpo di quella ragazza.
Ci si attende che davanti al gip Luca Ramponi, nel corso dell’incidente probatorio che si terrà domattina e trasformerà in prova, per la procura, quelle dichiarazioni, Saqib ribadisca quanto già dichiarato anche in più di uno studio televisivo: dal messaggio che Saman gli mandò la sera del 30 aprile, la sua presunta ultima sera in vita, dicendogli di avere paura, all’idea del matrimonio, alle speranze che la ragazza possa essere ancora viva. Chiaro che potrebbero esserci sorprese, ma se così non fosse ne uscirà appesantito soprattutto il quadro indiziario a carico dei genitori di Saman.
A ora, infatti, il giovane non ha parlato dello zio della ragazza che gli inquirenti ritengono essere stato l’esecutore materiale del delitto. L’avvocato di Saqib sta lavorando a livello internazionale per portare in Italia la famiglia del giovane.
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