REGGIO EMILIA – “Molto sgomento per la perdita di vite civili da entrambe le parti, un senso di frustrazione per non essere in grado di poter portare l’aiuto umanitario necessario alla popolazione civile di Gaza che sta vivendo in questo momento una situazione di crisi umanitaria fortissima. Si trovano sotto un costante bombardamento”.
Una sensazione di impotenza. E’ vissuta da chi da tempo si impegna per migliorare le condizioni di vita dei Palestinesi. Il reggiano Giuseppe Russo da oltre vent’anni lavora per la Onlus WeWorld, conosciuta un tempo come Gvc, attualmente vive a Tunisi svolgendo il ruolo di responsabile per l’area del Medio Oriente. Oltre che in Cisgiordania, più volte è stato a Gaza dove l’organizzazione che dirige fa affidamento a un gruppo di dieci collaboratori del posto.
‘A Gaza non possiamo fare niente. Abbiamo il nostro team locale chiuso in casa cercando di sopravvivere, senza acqua, luce e gas e cibo. Non sanno se arriveranno a domani. Chi ha deciso di rimanere a nord, lo ha fatto perché con bimbi disabili che non si possono muovere. Senza elettricità non funziona niente, senza benzina e gasolio sono fermi anche i pozzi d’acqua”.
Il carburante è stato escluso dagli aiuti umanitari arrivati finora col contagocce nell’enclave, attraverso il valico egiziano di Rafah. L’esplosione del conflitto rischia di fare tabula rasa delle attività di WeWorld, che nella Striscia ha lavorato con gli ospedali per realizzare una banca del sangue e per gestire i rifiuti speciali, ma soprattutto si è occupata di risorse idriche, aiutando a costruire impianti di depurazione e di potabilizzazione
“Uno degli impianti di desalinizzazione di acqua marina è stato colpito dagli israeliani. Avevamo lavorato per migliorane la capacità. Serviva per fornire acqua potabile a Gaza senza dover passare dalla rete israeliana che viene controllata in base ai bisogni”.