GATTATICO (Reggio Emilia) – “Un compagno, una brava persona”. “Di grande cuore, di rara generosità”. Sui social è piovuta una montagna di commenti così. Si chiamava Adriano Alessandrini, ma per tutti era il Cin.
E’ morto a 89 anni proprio nel giorno in cui l’Unità, di cui è stato diffusore, ha ripreso le pubblicazioni, come fa notare il circolo del Pd di Gattatico in un messaggio in cui scrive: “Mancherà il tuo esempio di militante sempre pronto ed entusiasta”. I nipoti, i parenti e gli amici lo hanno salutato nelle ultime ore partendo da Villa Diamante, dove da qualche mese era alloggiato e dove si è spento a poco a poco. “Il sindaco di Ponte Enza”, così lo chiamavano i cittadini di Gattatico. Pensare a lui è pensare a Casa Cervi e alla festa del 25 aprile, che lo vedeva non solo sempre presente, ma arrivare per primo e rimanere lì davanti ai cancelli ad accogliere la folla, come una sorta di guardiano.
“C’è stato un tempo in cui letteralmente i volontari hanno salvato il museo, portandolo nella stagione successiva – scrive l’istituto Cervi – Senza quel tempo, Casa Cervi non sarebbe quello che è oggi e che sarà domani. Senza il Cin, nessuno di noi saprebbe quello che sappiamo adesso: ovvero che quando hai un cuore come quello di Adriano non c’è limite a cui non si possa resistere”. E poi pensare al Cin è pensare alle cene-incontro al Fuori Orario, che Telereggio raccontò.
Il Cin era un’istituzione nell’istituzione e in queste ore è un fiorire di ricordi tra i frequentatori, come testimoniano le parole di Gianpaolo Còncari, noto consulente nazionale di enti no profit: “Il mercoledì ci si trovava e si incontravano persone più o meno famose, ma comunque con i neuroni funzionanti. Il Cin spesso terminava le domande all’ospite di turno. Aveva dei problemi ad articolare la parola e l’emozione faceva il resto, ma il finale del suo intervento era sempre ‘perché io ho donato il sangue a Cuba’, perché in gioventù aveva donato il sangue in qualche ospedale locale come gesto di fratellanza e sostegno nei confronti del popolo cubano”. “Era un animo giovane – dice Franco Bassi, che all’epoca era il gestore del locale – e nel Fuori Orario coglieva un seme. Non ha mai smesso di dire la sua, più con l’esempio che con la parola”.
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