REGGIO EMILIA – Furti e raggiri per oltre un milione di euro, 16 persone arrestate: è quanto emerge da una importante operazione condotta dai carabinieri reggiani. I dettagli delle indagini sono stati illustrati in una conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio nella sede del comando provinciale dei carabinieri alla presenza del neo procuratore capo, Gaetano Calogero Paci.
Tutto comincia nell’ottobre 2018, quando nella canonica della parrocchia di San Polo d’Enza al sacerdote don Pellegrino Tognoni viene rubata dal portafoglio la scheda bancomat con i relativi codici di utilizzo. Da quell’episodio gli investigatori dei carabinieri risalgono a una serie impressionante di fatti più o meno analoghi. Pezzo dopo pezzo, riescono a comporre il puzzle e a individuare, nell’arco di oltre un anno di indagini, l’esistenza di un vero e proprio clan criminale specializzato in furti, truffe e raggiri.
Furti e raggiri: “Parentele, ma nessun legame con la ‘ndrangheta”. VIDEO
Indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giulia Stignani, che hanno portato all’alba di questa mattina all’esecuzione di 16 arresti: 13 persone sono finite in carcere, 3 sono state poste ai domiciliari, mentre per un’altra è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altre 48 risultano indagate. Le misure cautelari hanno riguardato soggetti di età compresa tra i 47 e i 24 anni residenti in provincia di Reggio (in città e nei territori di Bibbiano e Cavriago). Uno vive, invece, in Trentino. I reati contestati riguardano principalmente le accuse di furto aggravato, truffa e riciclaggio di denaro. 212 nello specifico le truffe emerse, 55 i furti, il tutto per un bottino che si aggira intorno al milione di euro. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati 10mila euro in contanti, 55mila euro custoditi in libretti postali e orologi Rolex del valore di oltre 100mila euro.
L’operazione è stata denominata “fantasmi” perché proprio come fantasmi agivano i malviventi. Le vittime erano soprattutto persone anziane o fragili, intercettate in luoghi come i parcheggi dei centri commerciali, distratte e poi derubate di schede bancomat o postamat il più delle volte con relativi codici. Ma l’abilità dei criminali si esercitava anche attraverso internet, pubblicando annunci fittizi su siti di vendita di beni che, una volta pagati, non venivano mai spediti all’acquirente, oppure svuotando i conti correnti attraverso sofisticate tecniche informatiche.