REGGIO EMILIA – 228 milioni di entrate, 129 di uscite: nell’arco di vent’anni, il ruolo di azionista di Bipop, Capitalia e Unicredit ha fruttato alla Fondazione Manodori introiti largamente superiori ai costi sostenuti in occasione dei diversi aumenti di capitale e per l’acquisto sul mercato di singoli pacchetti azionari. Il saldo è positivo per quasi 100 milioni. Ma naturalmente un bilancio di questa esperienza, per quanto puramente numerico, non può prescindere da un elemento chiave: il valore attuale e passato della partecipazione azionaria.
Sotto questo profilo, i vent’anni che abbiamo alle spalle sono stati assai negativi per l’ente reggiano. Alla fine del 2001, quando pure la crisi di Bipop-Carire era già deflagrata, le azioni in possesso della Manodori avevano ancora un valore di mercato di quasi 380 milioni di euro: il valore di bilancio era 54 milioni, la plusvalenza latente di 323. Dopo di allora, come abbiamo visto nei servizi precedenti, la Fondazione ha investito più di 118 milioni in aumenti di capitale e acquisto di azioni, mentre ne ha incassati 68 dalla vendita di titoli. Se le quotazioni fossero rimaste costanti nel tempo, la residua partecipazione bancaria avrebbe oggi un valore di 427 milioni.
In realtà, i titoli Unicredit ancora posseduti dalla Manodori valgono oggi 28 milioni: la perdita netta di valore della partecipazione bancaria rispetto al 2001 è dunque di circa 400 milioni di euro.
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