REGGIO EMILIA – Oggi si diventa magistrati superando uno stesso concorso uguale per tutti, poi si sceglie se fare il magistrato inquirente o il magistrato giudicante; domani invece, se la riforma Nordio sarà approvata, le carriere saranno distinte fin dall’inizio. Alla base di questa riforma c’è la convinzione che i giudici, in virtù della comune appartenenza, quando emettono le sentenze, diano sempre ragione alla magistratura inquirente.
Nel novembre dell’anno scorso, dialogando a Reggio con il procuratore capo Calogero Gaetano Paci, il giudice Francesco Maria Caruso, già presidente dei Tribunali di Reggio e Bologna, negò questa circostanza, sostenendo che le statistiche dimostrano il contrario. Vediamo come vanno le cose nella nostra provincia analizzando le sentenze emesse nel 2024 dal Tribunale di Reggio.
I procedimenti penali esauriti con dibattimento monocratico sono stati 2.318. Di questi 417, pari al 18%, si sono conclusi con la condanna dell’imputato, e 25, poco più dell’1%, con la condanna di alcuni imputati e l’assoluzione di altri. Le assoluzioni sono state 909, pari al 39%. In 101 casi (4%) il processo si è concluso con la dichiarazione di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in 222 con la prescrizione del reato (9%).
Dei 99 processi con dibattimento collegiale, invece, 15 si sono conclusi con la condanna e 12 con un mix di condanne e assoluzioni. Più della metà dei processi, 52, è terminata con l’assoluzione degli imputati, 7 con la prescrizione e 13 con patteggiamenti, restituzione degli atti, improcedibilità e così via.
Va ricordato che i pubblici ministeri non chiedono solo condanne, ma non di rado anche assoluzioni e archiviazioni. In ogni caso, l’impressione che si ricava da questi numeri è che il lavoro dei pm sia sottoposto a un esame rigoroso da parte dei colleghi con funzioni giudicanti.
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