REGGIO EMILIA – Si parlerà di implicazioni deontologiche, dell’etica della cura e della scelta, del fine vita. Il 15 novembre al Centro Malaguzzi oltre 400 professionisti in ambito sanitario, ma non solo, si riuniranno per capire di più su quello che è un tema dibattuto da anni e anni e non ancora normato: il suicidio medicalmente assistito. Capofila dell’organizzazione è l’ordine dei medici, ma nel comitato scientifico sono presenti anche le professioni infermieristiche, i farmacisti, gli psicologi e gli avvocati. “C’è stata una grossa richiesta da parte della base degli ordini, per cercare di dare informazioni”, spiega Anna Maria Ferrari, presidente dell’Ordine dei medici di Reggio.
Le indicazioni che per ora fanno fede sono quelle della sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, con la quale si consente il ricorso del suicidio assistito se si rientra in uno schema di requisiti che prevedono la presenza di una patologia irreversibile, sofferenze intollerabili, la capacità di autodeterminazione del paziente e il fatto di essere sottoposti a trattamenti di sostegno vitale.
“Il paziente tramite i percorsi che iniziano dal medico curante, può inoltrare la sua richiesta alla commissione regionale“, aggiunge Ferrari.
L’Emilia-Romagna è stata tra le prime regioni a muoversi di conseguenza per un decreto che attuasse la sentenza, ma il provvedimento è stato sospeso dal Tar dopo essere stato impugnato. In altre Regioni invece, come Toscana e Sardegna, c’è già una legge. “I sanitari – dice Ferrari – non entrano nel merito dei pro e dei contro, ma chiedono risposte da poter dare, a loro volta, a chi chiede loro aiuto. Non è possibile che in una regione si possa fare tutto, e in un’altra no. Serve una legge nazionale che non crei disuguaglianze e che coinvolga anche il servizio sanitario nazionale”.
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