REGGIO EMILIA – Il Tribunale di Reggio, su richiesta di Intesa Sanpaolo, ha annullato l’atto con cui alcuni membri della famiglia Ferrarini hanno venduto taluni beni immobili a Vezzano. Gli immobili, ha stabilito il giudice di primo grado, erano tra quelli posti a garanzia di 49 milioni di prestiti erogati a società della famiglia da Veneto Banca, istituto poi assorbito da Intesa. Le carte del contenzioso fanno emergere la natura del tutto peculiare dei rapporti tra i Ferrarini e la banca trevigiana.
Esemplare il caso del mutuo da 32 milioni di euro erogato nel luglio 2014 a Immobiliare Vendina. Di questi 32 milioni, 20 vengono usati dai Ferrarini o per comprare azioni Veneto Banca o per estinguere finanziamenti ottenuti in precedenza e usati per comprare azioni dello stesso istituto. Seguiamo il percorso dei soldi. Il 25 luglio 2014 Veneto Banca eroga 32 milioni a Immobiliare Vendina. Il giorno stesso Vendina ne trasferisce 15 a un’altra società della famiglia, Effe Energy. Questa gira i 15 milioni alla lussemburghese Agri Food Investments, che a sua volta li trasferisce a un’altra società del Granducato, Elle Invest. A questo punto Elle Invest bonifica 2,5 milioni a testa a Luca e Lucio Ferrarini, che usano il denaro per comprare azioni Veneto Banca. I restanti 10 milioni vengono utilizzati da Elle Invest per rimborsare un debito risalente al dicembre 2011, quando Veneto Banca aveva prestato appunto 10 milioni a Luca Ferrarini, che li aveva girati alla sorella Lisa, che li aveva usati per comprare azioni Veneto Banca.
Lo stesso destino hanno altri 5 milioni dei 32 prestati dall’istituto di Montebelluna a Immobiliare Vendina. Ma il percorso è diverso. Vendina trasferisce i 5 milioni a Vismara, che li gira a Ferrarini spa, che li gira a Lina Botti, vedova di Lauro Ferrarini, che li divide tra i 5 figli, che li usano per comprare azioni Veneto Banca.
Qual è il senso di questa girandola di bonifici? I Ferrarini hanno sostenuto, anche in aula come testi nel processo sul crac della Banca popolare di Vicenza, di essere stati costretti a queste operazioni di acquisto titoli: una sorta di “ricatto” da parte delle banche venete in cambio della conferma o del rinnovo degli affidamenti. La prima sezione civile del Tribunale di Reggio ha osservato da parte sua che non c’è prova che la famiglia Ferrarini sia stata forzata a fare quelle operazioni contro la sua volontà. Le vie indirette e tortuose attraverso le quali il denaro arrivava a destinazione suscitano interrogativi che restano senza risposta. Vale la pena ricordare che con il dissesto di Veneto Banca le azioni hanno perso ogni valore, ma un accordo transattivo del maggio 2017 ha permesso alla famiglia Ferrarini di recuperare 16 milioni su 43.
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