REGGIO EMILIA – Due proposte in concorrenza tra loro per il salvataggio e il rilancio della Ferrarini: la prima è quella della stessa azienda, imperniata sul gruppo Pini, la seconda è quella depositata lunedì in Tribunale dalla cordata guidata dal gruppo modenese Bonterre. Vediamo in cosa si differenziano.
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Percentuali di soddisfo dei creditori, tempi di rimborso, iniezioni di capitale e ruolo dei Ferrarini: sono alcuni degli aspetti che differenziano le due proposte in campo per l’azienda di Rivaltella, quella presentata dalla stessa Ferrarini e imperniata sull’intervento del gruppo Pini di Sondrio e quella depositata nelle ore scorse da Intesa Sanpaolo, Unicredit e gruppo Bonterre-Grandi Salumifici Italiani. Sotto il profilo industriale, le due proposte sono identiche, perché la seconda ricalca la prima. Poi cominciano le differenze. Il dissesto ha lasciato 250 milioni di debiti. Il piano Ferrarini, ritirato nel maggio scorso in vista della presentazione di una nuova versione, prevede il primo pagamento ai creditori entro 12 mesi dall’omologa del concordato, con circa 38 milioni. Nello stesso lasso di tempo Bonterre mette invece sul piatto 57 milioni: 37 per i crediti in prededuzione privilegiati e 20 per i creditori chirografari. Questi ultimi con Bonterre recupererebbero il 9% in un anno, mentre la proposta Ferrarini assegna loro fra il 10 e il 17,5% in un arco di tempo compreso fra i 3 e i 5 anni. Bonterre, Intesa e Unicredit contano di distribuire ai creditori altri 25 milioni entro 5 anni, portando il totale dei rimborsi a 82 milioni: più o meno come Ferrarini, ma con una concentrazione delle risorse nei primi 12 mesi dopo l’omologa.
Le differenze non finiscono qui. La proposta Ferrarini in campo fino a qualche mese fa prevedeva un aumento di capitale da 10 milioni di euro garantito da società del gruppo Pini; la cordata guidata da Bonterre alza l’asticella a 36 milioni, garantiti da una fidejussione a prima richiesta. Altra differenza di rilievo riguarda il ruolo della famiglia Ferrarini. Bonterre e le banche si preparano ad azioni di responsabilità contro gli amministratori dell’azienda con l’obiettivo di ricavarne 4,5 milioni di euro da destinare ai creditori. Niente dal genere da parte del gruppo Pini, con il quale invece i Ferrarini, pur uscendo dall’azionariato, resteranno impegnati nella gestione dell’azienda.
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