REGGIO EMILIA – Nuovo passo avanti nella crisi dell’azienda reggiana dell’agroalimentare Ferrarini. Depositata dalla proprietà la proposta di concordato per il salvataggio, ma nonostante le rassicurazioni sono forti i timori che si tratti dell’ennesimo passaggio in mani estere di un gioiello italiano.
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E’ stata depositata dal gruppo Ferrarini la nuova proposta di concordato al Tribunale di Reggio Emilia. Un documento che fa seguito al ricorso di pre-concordato del 2 maggio. Sarà Rilancio Industrie Agroalimentari, società neocostituita e partecipata da Pini Italia , leader della bresaola valtellinese, insieme ad Amco come partner finanziario, che avrà una del quota 20% a detenere con l’omologazione, l’intero capitale di Ferrarini. Il piano, spiega la stessa azienda di Rivaltella, assicura le migliori condizioni per il rilancio dell’impresa, salvaguarda l’occupazione, impedisce ricadute sull’indotto e può dare ristoro ai creditori privilegiati e ai chirografari al 33%, percentuale che, attestata, renderebbe inammissibile la proposizione di concordati concorrenti.
La Ferrarini marchio di punta dell’agroalimentare, gioiello reggiano del settore e tra i produttori leader mondiali tra di prosciutto cotto, fondata nel 56 da Lauro Ferrarini è oggi gestita dai figli. Dal 2017 è precipitata in una crisi profonda e ingessata da un passivo di 257 milioni di euro.
Spiega la società in una nota “sarebbe inutilmente rischioso introdurre fattori aleatori e intervenire sull’attuale struttura aziendale, già risanata da tempo grazie al tempestivo supporto indiretto del Gruppo Pini, come dimostrano i risultati ottenuti nel recente passato ed in linea con le migliori performance dei concorrenti”. Si annuncia che verrà realizzato un nuovo efficiente cottificio che sostituirà quello di Rivaltella, ma che sarà certamente ubicato nel territorio reggiano, possibilmente in prossimità di quello attuale. Il piano prevede che lo stabilimento in Polonia di Ferrarini sarà venduto dagli Organi della Procedura e ogni produzione verrà trasferita in Italia. Nonostante le rassicurazione il piano ha però un rischio: che di fatto un altro grande gruppo alimentare italiano passi in mani estere. La cordata presentata, composta dalla stessa famiglia Ferrarini, è sostenuta da AMCO che è Banca di proprietà del MEF cioè il Ministero dell’Economia e delle Finanze quindi risorse pubbliche e dal Gruppo Pini, una holding di fatto estera con attività in Spagna e i cui vertici sono stati coinvolti di recente in accuse di frode fiscale in Ungheria. Sarebbe dunque forte la probabilità di una delocalizzazione dell’attività e dei posti di lavoro. Oggi sono impiegate oltre mille persone. La seconda cordata è composta dalle due tra le più grandi banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit e imprese italiane del settore agroalimentare: il gruppo Bonterre Grandi Salumifici Italiani, Opas (l’Organizzazione di produttori allevatori di suini) e Hp (società attiva nel sostegno e nell’innovazione dell’agrifood). Per questa seconda preme il mondo delle associazioni agricole, buona parte della politica sia di destra che di sinistra, compreso il ministro Bellanova e lo stesso assessorato all’Agricoltura dell’Emilia Romagna. Ora sarà fissata la data di adunanza dei creditori, in tutto 1.500 e ci saranno trenta giorni di tempo per rilanciare.
Notizia in aggiornamento
Reggio Emilia prosciutti Gruppo Pini Amco concodato preventivoFerrarini, le proposte di concordato preventivo a confronto. VIDEO













