REGGIO EMILIA – Il testo della sentenza con cui la Prima sezione civile del Tribunale di Reggio ha invalidato la vendita di immobili e terreni della famiglia Ferrarini a Vezzano consente di capire meglio i contorni della vicenda. La sentenza riporta infatti per esteso le argomentazioni difensive dei Ferrarini. Intesa Sanpaolo chiedeva la revoca dell’atto di compravendita perchè quei beni erano stati posti a garanzia di debiti contratti da società della famiglia verso il gruppo bancario. E’ il caso, ad esempio, di un mutuo ipotecario da 32 milioni erogato nel 2014 da Veneto Banca a Immobiliare Vendina. Ma i Ferrarini spiegano di aver dovuto utilizzare oltre 20 di quei 32 milioni per acquistare azioni di Veneto Banca e per ripianare debiti sorti in precedenza sempre comprando titoli dell’istituto di credito. Queste operazioni in odore di aggiotaggio – è la tesi difensiva della famiglia – renderebbero nullo il contratto di mutuo ipotecario.
Argomentazioni respinte però dal Tribunale. Se anche una parte cospicua del finanziamento è stata utilizzata per comprare azioni Veneto Banca, “diversi milioni di euro”, scrive il giudice Daniele Mercadante, sono comunque stati destinati “a fornire liquidità al finanziato”, cioè alla immobiliare dei Ferrarini. E chi ha beneficiato del finanziamento, aggiunge il giudice, “non ha provato e non si è neppure offerto di provare di essere stato forzato ad aderire alle richieste” di Veneto Banca “contro la propria volontà”. In conclusione, si legge nella sentenza, la vendita del compendio immobiliare di Vezzano a Stefano Camponovo, professionista con base nel Principato di Monaco e amministratore di società del gruppo di Rivaltella, “ha convertito tale cespite a garanzia del credito in liquidità”. E la consapevolezza dei firmatari della compravendita “di ledere le ragioni creditorie deve ritenersi provata”.
La vicenda, comunque, non finisce qui. Intanto perché il pronunciamento di primo grado è appellabile. E poi perché il giudice ha disposto la trasmissione della sentenza non solo alla Procura e alla Guardia di Finanza, ma anche alla Banca d’Italia, che ha assorbito le competenze dell’Ufficio Italiano Cambi in materia di riciclaggio.
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