REGGIO EMILIA – La Camera del Lavoro di Reggio Emilia torna a mobilitarsi per la Palestina. Dopo la manifestazione “Fermiamo la barbarie” con il segretario nazionale Maurizio Landini, durante il Festival di Emergency, venerdì 19 alle 17, il sindacato ha organizzato un presidio davanti alla Prefettura in Corso Garibaldi per chiedere l’immediato cessate il fuoco a Gaza e sostenere la campagna internazionale della Global Sumud Flotilla.
La mobilitazione si terrà nella stessa giornata in cui, su tutto il territorio nazionale, è stato proclamato uno sciopero di 4 ore a fine turno. Lo sciopero riguarda tutti i settori privati ed è indetto, spiegano dalla Cgil, per condannare l’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano; per denunciare i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dal Governo israeliano nei confronti del popolo palestinese; per chiedere l’immediata apertura di corridoi umanitari; e per chiedere al Governo italiano di sospendere gli accordi commerciali con Israele e di riconoscere lo Stato di Palestina.
“C’è bisogno di un segnale forte dal mondo del lavoro e questo primo sciopero lo rappresenta – spiega Cristian Sesena, Segretario generale Cgil provinciale – Un popolo sta sparendo nel sangue sotto i nostri occhi. È inaccettabile l’inerzia, la timidezza del nostro Governo che si sta rendendo complice ogni giorno di più del governo criminale di Israele. Non si tratta però solamente di uno sciopero umanitario – continua Sesena – L’economia di guerra, fatta di tagli al Welfare, di spese assurde per gli armamenti, rende più poveri lavoratori e pensionati e impedisce al sindacato di ottenere miglioramenti sul piano sociale. Ci aspettiamo una risposta forte dei reggiani in termini di adesione allo sciopero e di partecipazione alla nostra manifestazione davanti alla Prefettura. Consegneremo al Prefetto una bandiera della Palestina perché è giunta l’ora che il Governo riconosca lo stato palestinese. La guerra sta producendo distruzione, dolore e odio. Crediamo che la comunità internazionale debba assumersi fino in fondo la responsabilità di fermare le armi, garantire aiuti umanitari, favorire la liberazione degli ostaggi, riaprire una prospettiva politica fondata sul rispetto dei diritti e sulla convivenza tra i popoli”.
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