REGGIO EMILIA – 23 settembre 2020, ore 15. Giambattista Di Tinco, amministratore unico di DG Service, commenta con un amico il sequestro preventivo subito nell’ambito dell’operazione Billions, che ha portato alla luce un gigantesco giro di fatture false. Di Tinco è uno degli indagati e il Tribunale di Reggio, su richiesta della Procura, ha ordinato il sequestro a suo carico di oltre 100mila euro. “Come ne hanno presi 10, gliene rubo 30”, dice Di Tinco al suo interlocutore, in un’intercettazione ambientale. Un’ora e mezzo più tardi, Di Tinco ripete lo stesso concetto alla moglie e alla segretaria: “Io mi dispiace che mi hanno rubato i Rolex… Ti pensi che io mi fermano? Forse non hai capito niente allora, a me non me ne frega niente”.
Sono altri i capi dell’organizzazione sgominata nelle settimane scorse con l’operazione Minefield. Ma i loro nomi dicono poco. Giambattista Di Tinco, invece, è ai vertici di un’azienda importante, DG Service, che negli ultimi anni è cresciuta a vista d’occhio con il noleggio di furgoni, auto ed escavatori. Secondo la Procura, l’azienda di Calerno ha ricevuto fatture per operazioni inesistenti da due società cartiera per un imponibile di oltre 41mila euro. Poca roba, tutto sommato, se si pensa che nel complesso le fatture false hanno fruttato 4 milioni di profitti e le imposte evase delle società coinvolte superano i 6 milioni. Il fatto è che, secondo gli inquirenti, Di Tinco sarebbe anche amministratore occulto di tre di queste società (Zalo, Mega Builders e Eco Impianti).
Alcuni dei principali indagati, intercettati al telefono, si riferivano a Di Tinco chiamandolo “Dolce”, abbreviazione di Dolce & Gabbana, e “lo stilista”. Nella veste di amministratore occulto di alcune società cartiera, Di Tinco secondo l’accusa avrebbe procurato clienti per le fatture false dell’organizzazione. Tanto che, per questa sua attività di intemediazione, Di Tinco sarebbe stato retribuito con una quota percentuale dei profitti illeciti.
La Procura è convinta di avere in mano le prove: questi foglietti scritti a mano, con le somme spettanti a Di Tinco, fotografati e spediti via whatsapp. Nell’ordinanza che lo ha portato ai domiciliari, si legge che Di Tinco ha “cercato appoggio dai sodali e da famigliari compiacenti, per occultare in appositi nascondigli il danaro contante frutto dei profitti illeciti accumulati nel tempo”. Una frase intercettata ha fatto drizzare le orecchie agli inquirenti. L’amministratore unico di DG Service parla della perquisizione subita per l’operazione Billions e dice al suo interlocutore: “Quando vanno via tutti io sono lì fuori con papà, si scava da una parte e si mettono lì sotto e sopra si appoggia un camion o un escavatore. Punto”.
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