REGGIO EMILIA – Le aziende italiane di abbigliamento sono le più coinvolte sui mercati oggi in guerra, con una quota del 5,4% dell’export nazionale. Lo dice uno studio dell’Istituto Tagliacarne, elaborato per il Sole 24 Ore del Lunedì. Vale soprattutto per le realtà che producono cappotti, completi, giacche, pantaloni e gonne. Non vengono fatti nomi, ma calando i numeri nella realtà reggiana il pensiero non può che cadere sul gruppo Max Mara, per il quale la Russia rappresenta senza dubbio un mercato di primaria importanza, come lo è per tutte le grandi casa di moda del settore lusso.
Ci sono province molto più esposte della nostra in termini di export verso la Russia per quanto riguarda il numero di imprese coinvolte, su tutte Milano con 1.698. Siamo invece al quarto posto per quanto riguarda la classifica delle province nelle quali l’export in Russia incide maggiormente sui ricavi, con una quota del 2,74%, dietro a Fermo (6,74%), Rimini (6,4%) e Piacenza (3,48%).
E non c’è solo il tessile. Anche la metalmeccanica ha i suoi problemi, lasciando per un attimo da parte l’agroalimentare (Parmigiano Reggiano su tutti) le cui esportazioni sono in salita – un eufemismo – fin dall’invasione della Crimea nel 2014.
Tornando a Max Mara Fashion Group, in Russia conta decine di negozi, 30 solo con il brand Max Mara (senza cioè contare i monomarca delle altre linee), di cui 7 a Mosca. Sono 6 invece i negozi Max Mara in Ucraina, con una presenza anche in città periferiche compresa Donetsk nel Donbass dove tanto si combatte da ben prima dell’invasione russa. Ecco perché gli avvenimenti degli ultimi giorni vengono seguiti con particolare attenzione.
I negozi in Russia e in Ucraina non sono però direttamente di proprietà dell’azienda della famiglia Maramotti, ma di imprenditori locali che negli anni hanno stretto contratti commerciali. Ecco perché, ad esempio, dal quartier generale di Reggio non sarà possibile ordinare di chiudere i punti vendita, come hanno fatto invece altri player del mercato del lusso come Lvmh, il più importante con 76 maison e 64,2 miliardi euro nel 2021, Sephora, Kering (Gucci, Balenciaga e Bottega Veneta), Prada, Hermès, Richemont (Cartier, Montblanc e Buccellati) e Chanel.
A riprova dell’importanza del mercato russo per Max Mara, il fatto che nel maggio 2020 la casa di moda reggiana avrebbe dovuto presentare al mondo la collezione Resort 2021 a San Pietroburgo. Evento poi annullato a causa del Covid. Covid che si è fatto sentire sui pur ottimi conti dell’azienda: il bilancio 2020 (l’ultimo disponibile) si è chiuso con un fatturato di un miliardo e 198 milioni di euro, in calo del 27% rispetto all’anno precedente, con un utile netto di 41 milioni (209 nel 2019).
Max Mara nella giornata di sabato ha reso pubblica una dichiarazione in cui condanna la guerra e annuncia una importante donazione all’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.