REGGIO EMILIA – Le ex Reggiane non sono solo lo spaccio di droga o le sassate all’inviato di Striscia La Notizia. Nell’arco di una decina di anni crisi economica, strozzature burocratiche, irregolarità e illegalità si sono stratificati in un intreccio di cause e conseguenze che ha portato alla situazione attuale.
Le persone che vivono nei capannoni oscillano tra 80 e 100 unità. Quasi tutti uomini, quasi tutti stranieri, ma non tutti irregolari. Un terzo, ad esempio, è composto da persone che hanno perso lavoro e, a cascata, la casa, con la crisi del 2008. Poi, c’è chi è ancora in attesa, come i richiedenti asilo. Città Migrante è tra le realtà che operano all’interno dell’area: gli operatori portano la colazione e i vestiti, aiutano nella ricerca di un lavoro, forniscono prodotti igienizzanti. Una cosa buona portata dal Covid è la presenza di un presidio sanitario all’interno della zona.
Essere irregolari non è una scelta – le parole di Federica Zambelli di Città Migrante – non è che se uno ha un lavoro poi automaticamente ha il permesso, ci vogliono una serie di requisiti; ad esempio, un ragazzo è stato ospitato da un reggiano che ha aderito alla sanatoria, ma sta ancora aspettando”. Una potenziale storia a lieto fine, quindi. Ma il tema “casa” è piuttosto complesso. “Facciamo anche da sportello casa – ha aggiunto la Zambelli a Tg Reggio – ma quando la controparte capisce che si tratta di uno straniero, allora declina. Non arriviamo neanche a mostrare la busta paga”.
Il percorso avviato a dicembre dall’amministrazione comunale con Caritas, Ausl e le associazioni va proprio verso l’accoglienza diffusa di piccoli gruppi tramite la rete degli appartamenti delle cooperative sociali. Circa 20 persone sono uscite nel corso dell’accoglienza invernale, entrando in un percorso stabile che però richiede da parte loro la responsabilità e l’impegno a rimanere dentro il circuito. “Nel frattempo, però, vanno migliorate le condizioni igieniche perché non si esce da un giorno all’altro”, ha concluso la Zambelli.
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