ALESSANDRIA – “Io c’ero quel giorno di 50 anni fa”, il reggiano di Casina, Lauro Azzolini, oggi per la prima volta ha ammesso la sua presenza a Cascina Spiotta, nelle colline del Monferrato, il 5 giugno del 1975 quando, durante il blitz dei carabinieri per liberare l’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia rapito dalle Br, morirono l’appuntato dell’arma Giovanni D’Alfonso e Mara Cagol, la terrorista moglie di Renato Curcio. Come per liberarsi di un peso, portato con sé per troppo tempo, a 82 anni, oggi Lauro Azzolini con una dichiarazione spontanea alla corte di assise di Alessandria ha raccontato cosa accadde quel giorno in cui – ha detto – “morirono due persone che non avrebbero dovuto morire” e in cui probabilmente cambiò anche storia delle Brigate Rosse.
Azzolini, dopo essersi rivolto al figlio di D’Alfonso, Bruno, per manifestargli il suo dispiacere, ha poi ricostruito quei momenti drammatici in cui i due brigatisti, lui e Mara Cagol, furono sorpresi dai carabinieri al primo piano della cascina dove dal giorno prima detenevano Vittorio Gancia: la prima bomba lanciata, la sparatoria, il tentativo di fuggire con le rispettive auto, inutilmente. “L’ultima immagine che ho di Mara Cagol – scrive Azzolini – è di lei ancora viva che si era arresa con entrambe le braccia alzate, disarmata, e urlava di non sparare”.
Poi il terrorista reggiano lanciò l’ultima bomba a mano che aveva con sé e fuggì nel bosco mentre in lontananza risuonava il rumore di altri spari. Una ricostruzione dei fatti che – secondo l’avvocato reggiano Vainer Burani che difende Renato Curcio – conferma come Mara Cagol sia stata uccisa a sangue freddo e come il suo assistito e l’altro capo delle Br, Mario Moretti, non centrassero nulla con l’accaduto. Il difensore di Azzolini, Davide Steccanella, ribadisce che si tratta di un processo alla storia che non andava fatto, ma anche che per tre mesi da febbraio a maggio 2023 il suo assistito è stato intercettato illegalmente, perché non era arrivata l’autorizzazione del giudice. La Procura, invece, anche ora che è stato individuato, per sua stessa ammissione, il terrorista fuggito quel giorno, intende andare avanti nel processo per chiarire quelli che definisce “i coni d’ombra che ancora ci sono”. Per questo sono già state fissate 11 udienze, la prossima il 29 aprile quando si confronteranno le parole di oggi di Azzolini con quanto scritto nel memoriale del 1977, in cui ricostruì a uso interno delle Br, i fatti di quel giorno. E’ stato proprio quel testo, ritrovato per caso in un covo dei terroristi, a consentire agli inquirenti di collocare il reggiano di Casina a Cascina Spiotta e di riaprire questa pagina di storia.
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