REGGIO EMILIA – Non si arriva ad un dunque nella vicenda che riguarda l’estradizione del padre di Saman Abbas. La quinta udienza a carico del 46enne Shabbar è avvenuta stamattina ed è finita alle 11.30 circa ora italiana con un nuovo rinvio al 19 gennaio.
Intanto si apprende che l’avvocato difensore dell’uomo ha presentato una memoria difensiva e che, davanti alla Corte Federale di Islamabad, non erano presenti funzionari del Ministero degli Interni. Che anche questo sia un segnale? Ricordiamo che, anche qualora il giudice dovesse decidere per l’estradizione dell’uomo, l’ultima parola sarebbe comunque della politica e della diplomazia, in assenza di accordi bilaterali tra Italia e Pakistan. Tradotto: se mai il padre di Saman venisse consegnato all’Italia, sarebbe per un atto di cortesia. La tempistica è del tutto teorica: l’ordinamento pakistano stabilisce sulla carta che le estradizioni vengano decise entro i due mesi dell’arresto, che per Shabbar è avvenuto il 15 novembre dopo un anno e mezzo di latitanza. Ma la procedura è aleatoria, quindi gli inquirenti reggiani continuano a sperare e a lavorare ad una estradizione.
Il procuratore capo di Reggio Calogero Paci continua a tenersi giornalmente in contatto con le autorità locali. Dicevamo di tempi incerti, ma una cosa è sicura: Shabbar non sarà in Italia per l’inizio del processo per l’omicidio della figlia, di cui è accusato assieme allo zio e a due cugini della ragazza. Indagata anche la madre di Saman, Nazia Shaheen, ancora latitante. Quando gli è stato chiesto dove fosse la moglie, Shabbar ha risposto: ‘Sono in prigone, non ne so nulla’.
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