REGGIO EMILIA – Il nome Leonida è ispirato alla storia del Re di Sparta che resiste all’attacco dei Persiani. Il passare del tempo è stato il nemico contro cui hanno lottato le indagini guidate dalla Pm Valentina Salvi.
Risalgono al 2014 i primi indizi sull’ipotesi del reato di corruzione che interessa l’imprenditore Enrico Benedetti. A fare il suo nome è Marco Gibertini, parlando di una figura avvezza alla corruzione con la quale si vedeva di frequente. Condannato in via definitiva nel processo Aemilia e coinvolto anche in Octopus, Gibertini, rendendo sommarie testimonianze nel corso di quest’ultimo procedimento, descrive Benedetti come una persona in grado di ottenere tutto ciò che voleva.

Enrico Benedetti
Un paio di anni dopo, l’imprenditore spunta in un’altra indagine, quella sui presunti illeciti negli appalti del Comune di Reggio. Gli inquirenti lo ascoltano in un’intercettazione ambientale avviata per accertamenti su Santo Gnoni, all’epoca giudice della commissione tributaria provinciale, oltre che responsabile dell’ufficio legale dell’amministrazione comunale. Secondo la registrazione, Gnoni si sarebbe messo a disposizione per il buon esito di un ricorso presentato da Benedetti.
Un contesto che ha trovato conferma, è stato spiegato in conferenza stampa, nelle indagini riaperte un anno fa dopo che in un primo momento non era stato possibile ottenere riscontri documentali rispetto agli elementi raccolti. Indagini, anche queste, basate su intercettazioni costate complessivamente 78mila euro. Tra queste, la raccomandazione che l’imprenditore rivolge a una delle accompagnatrici di alto livello arruolate, secondo la procura, per “oliare” un sistema in grado di dirottare l’assegnazione di lavori pubblici. Alla donna viene detto: “Non deve venire assolutamente fuori che siete delle escort”.
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