BOLOGNA – La nuova frontiera della truffa si chiama Bec: Business Email Compromise, ovvero ‘compromissione della e-mail aziendale’. La tecnica è innovativa e sofisticata: devono essere bravi i truffatori e devono essere bravi gli inquirenti. E’ durata oltre un anno l’indagine della procura di Trento e delle locali squadra mobile, guardia di finanza e polizia postale, e i risultati dell’operazione sono arrivati anche a Reggio. Al nostro territorio infatti, tra gli altri, sono stati dirottati in parte i soldi frutto della truffa. Parliamo di 600mila euro che un gruppo di hacker, pirati informatici, ha sottratto una volta inseritosi nella casella di posta di due aziende che stavano arrivando alla conclusione di una trattativa. Una ditta trentina del settore siderurgico era in procinto di vendere a una ditta bosniaca un macchinario industriale. Il gruppo sarebbe riuscito a prendere il controllo della casella di posta della società trentina, ovviamente in modo da non bloccare altri accessi e quindi senza farsi scoprire; avrebbe intercettato i messaggi dei bosniaci con le modalità del pagamento; avrebbe risposto al posto della ditta trentina comunicando gli estremi del conto corrente su cui fare il bonifico da 600mila euro. Non è finita: gli hacker hanno spacchettato la somma dirottandola con false causali sui conti di sei società fantasma con sede a Reggio, ma anche a Modena e a Milano. E ancora, il tutto è stato poi bonificato verso altri sei conti correnti: o di società con sede in Bulgaria, Ungheria, Slovenia e Gran Bretagna o di prestanome. Dodici i membri del presunto gruppo criminale, sette dei quali arrestati. Nel corso delle perquisizioni dei loro domicili, effettuate anche a Reggio, sono stati sequestrati gioielli, auto di lusso, due pistole, 1.900 tra flaconi e sostanze dopanti.
Reggio Emilia Modena Milano guardia di finanza truffa Trento frode informatica hackerEntrano nel conto dell’azienda e fanno sparire 600mila euro: 12 denunciati. VIDEO
13 ottobre 2020Frode informatica aggravata e riciclaggio transnazionale le accuse formulate dalla guardia di finanza e dalla Procura di Trento. I soldi sono finiti su un conto corrente a Bologna, e poi a sei società fantasma con sede a Milano, Modena e Reggio Emilia










