REGGIO EMILIA – Una Regione sempre più vecchia, con tutto quello che ne consegue: minor propensione a fare figli, e conseguente riflesso sui livelli di natalità; riduzione dei potenziali lavoratori; minor ricambio e aumento degli inattivi. Il quadro che emerge dall’Osservatorio demografico di Ires, l’istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil, evidenzia che in Emilia Romagna è sempre più a rischio la capacità di rinnovo demografico, seppur con differenze territoriali abbastanza evidenti.
Il primo dato da cui partire è l’indice di vecchiaia in costante aumento da dieci anni. Nel 2024 in Emilia Romagna ci sono 205 residenti over65 ogni 100 under15. Va decisamente meglio a Reggio Emilia, la migliore in regione, con un indice di 175,8. L’indice di dipendenza strutturale mette in relazione la quota di anziani e di bambini non attivi nel mondo del lavoro, e la fascia 15-65 anni. Nel 2024 ogni 100 persone in età lavorativa, i non attivi sono 58, indicatore questo in crescita dagli anni Novanta. Basti dire che dal 1991 a oggi la popolazione in età lavorativa è cresciuta del 4,5%, a fronte di un +17,3% degli under15 e del +45,7% degli over65. Anche in questo parametro Reggio risulta la migliore in Regione con un indice di 55,1. Allo stesso tempo, si conferma anche la tendenza di lungo periodo che vede un progressivo invecchiamento della popolazione in età attiva, con la popolazione tra i 40 e i 64 anni che pesa il 45% in più rispetto a quella compresa tra i 15 e i 39 anni. Un dato che trova conferma nell’indice di ricambio della popolazione in età attiva, che analizza il rapporto fra quanti sono prossimi a lasciare il mondo del lavoro e quanti stanno, potenzialmente, per entrarci. Nel 2024 ogni 100 possibili nuovi lavoratori ce ne sono 150 prossimi alla pensione. Erano 104 nel 1991. Anche in questo caso Reggio risulta la provincia dove il rapporto è meno squilibrato a 132,4. Se in provincia la situazione appare migliore rispetto al resto dell’Emilia Romagna resta l’evidenza di un trend demografico consolidato e che rischia di condizionare pesantemente il mercato del lavoro nei prossimi anni.
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