REGGIO EMILIA – L’esito delle elezioni regionali in Emilia-Romagna continua a tenere banco, a suscitare commenti sui mezzi d’informazione nazionali e a produrre riflessi sulla scena politica. Mai la destra si era presentata così forte all’appuntamento con le urne nella nostra regione. Mai un leader politico nazionale, Matteo Salvini, aveva condotto una campagna elettorale tanto martellante. Mai in passato dall’esito del voto in Emilia-Romagna erano state fatte dipendere le sorti del governo nazionale.
Se alla fine Stefano Bonaccini non soltanto ha vinto, ma lo ha fatto con uno scarto di 8 punti percentuali e di quasi 200mila voti, questo è certamente frutto di un insieme di fattori. Molti sono già stati evocati: l’eccessiva politicizzazione del voto da parte del centrodestra, la sostanziale assenza di Lucia Borgonzoni dalla campagna elettorale, i non pochi eccessi di Salvini, a volte talmente aggressivo che tanti si sono sentiti, appunto, aggrediti.
Ma forse la ragione più profonda del voto di domenica è che molti emiliani, a furia di sentirsi dire che stavano per essere liberati, a furia di sentirsi ripetere che dovevano imparare dal modello lombardo e dal modello veneto, hanno preferito il modello emiliano. Che non è perfetto, anzi ha diversi acciacchi, però è fatto in casa. Non è di seconda mano.