REGGIO EMILIA – Due mesi di interdizione per l’allenatore del Valorugby Roberto Manghi e 200 euro di sanzione pecuniaria per la società. Questa la sentenza del Tribunale federale emessa l’11 gennaio scorso e pubblicata ieri, mercoledì 25. Una sentenza in virtù della quale Manghi è rimasto in tribuna già sabato 14 gennaio a Padova, nella partita persa dai suoi per 45-27.
L’allenatore, tornato in panchina dopo l’esonero di Properzi (e per la verità già qualche settimana prima), non potrà dirigere i suoi in gare ufficiali fino all’11 marzo. Salterà quindi tre gare di campionato (che osserverà a febbraio una lunga sosta per il Sei Nazioni) e due di Coppa Italia. Il primo match questo sabato alle 14 sul campo del Cus Torino. La squadra, che non ha mai nascosto di puntare allo scudetto forte di un budget e di un roster di primissimo livello, sta vivendo una stagione più difficile del previsto e attualmente è al quinto posto, a 8 punti dalla capolista Petrarca Padova.
Tornando al procedimento celebrato davanti al Tribunale federale a Roma, presieduto dall’avvocato Enzo Paolini, Manghi era chiamato a rispondere delle affermazioni riportate in un articolo pubblicato dal Carlino Reggio, e riprese dal sito specializzato Onrugby, rese all’indomani del match del 15 maggio 2022 contro Rovigo e perso dai rossoneri in volata. Una sconfitta che costò la qualificazione alla finale scudetto. Nell’articolo parole ritenute oggi lesive nei confronti dell’arbitro Manuel Bottino e dei suoi assistenti Matteo Franco e Matteo Angelo Locatelli. Manghi e il Valorugby hanno contestato l’accusa, depositando il 7 dicembre 2022 una memoria difensiva firmata dall’avvocato Fabrizio Colli, “il quale riferiva che il rinvio a giudizio sarebbe stato sollecitato dalla Procura Generale dello Sport che, a fronte della richiesta di archiviazione formulata in prima istanza dalla Procura Federale, avrebbe deciso di opposi indirizzando la questione” al tribunale della Fir.
La difesa di Manghi
Nella memoria difensiva è stato ribadito quanto già espresso dalla Procura Federale nella iniziale richiesta di archiviazione. L’intervista, telefonica, è stata fatta all’indomani del match, “in modalità di colloquio” con il giornalista. Il contenuto della parte virgolettata non sarebbe la riproduzione fedele del dialogo – ha sostenuto sempre la difesa – e “i dialoghi riportati tra virgolette sarebbero il frutto di una licenza interpretativa”. Ed ecco la parola contestata: Ladrada. Una parola mai pronunciata da Manghi, sempre la tesi della difesa. Da qui la richiesta di assoluzione per infondatezza e insussistenza di tutte le contestazioni.
Le motivazioni della condanna
Nelle motivazioni, il presidente Paolini punta il dito su un aspetto in particolare: le frasi e le parole virgolettate di quell’articolo non sono mai state pubblicamente contestate da Manghi, che si limitò a una “privata telefonata con il giornalista” (sentito a sua volta dagli organi federali), cui però non fu chiesto di pubblicare una smentita o una precisazione. “L’esito veniva implicitamente ma chiaramente percepito e riconosciuto dallo stesso Manghi il quale, però, pur essendone preoccupato e consapevole, tanto da chiamare il giornalista, riteneva di non limitarne gli effetti lesivi con una pur semplice pubblica smentita”.
In queste ore la società sta valutando se depositare o meno un ricorso contro la sentenza.