REGGIO EMILIA – Il poligono di tiro di Reggio, luogo di martirio dei Cervi e di don Pasquino Borghi, vede il 3 ottobre 1945, l’esecuzione della condanna a morte di quattro feroci torturatori fascisti e del loro capitano, Cesare Pilati. La sentenza di condanna è emessa dalla Corte d’Assise Straordinaria istituita dopo la Liberazione per perseguire i reati di collaborazione con gli occupanti tedeschi. Sulle finestre del palazzo del tribunale, che guardano su piazza della Posta Vecchia, oggi piazza Scapinelli, sono installati altoparlanti per consentire alla gran folla di seguire le udienze.
Cesare Pilati, nato a Bibbiano, fascista convinto, capitano della Guardia Nazionale Repubblicana, è nominato a capo dell’Upi, ufficio politico investigativo, con il compito di combattere il movimento partigiano. Lo fa con l’uso di spie, con arresti,perquisizioni,rastrellamenti, ferocitorture durante gli interrogatori. Il 5 novembre 1944 è esonerato dall’incarico e trasferito a Brescia. E’ finito sotto inchiesta per una liberazione sospetta da parte di una pattuglia partigiana che lo aveva fermato in auto al guado del Secchia di Magreta. Pilati è arrestato dai partigiani a Guastalla il 23 aprile 1945, mentre ingenuamente torna a Reggio per riscuotere la sua pensione di guerra. Assieme a lui sono fucilati Alfio ed Enrico Berti, Edmondo Catellani e Antonio Barozzi, protagonisti di inumane sevizie sui prigionieri prima al carcere dei Servi, abbattuto nel dopoguerra, poi a villa Cucchi, dove l’Upi si è insediata per avere un luogo più appartato rispetto alla sede della caserma Mussolini di viale Timavo, che oggi ospita il comando della Polizia stradale. (2/continua)
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