REGGIO EMILIA – Più che veri giudici, sono marionette al servizio dei gerarchi fascisti i magistrati che fra il dicembre 1943 e il gennaio 1944 emettono condanne di morte per i sette fratelli Cervi e per don Pasquino Borghi, fucilati, assieme ad altri antifascisti al poligono di tiro di Reggio.
Armando Dottone, 67 anni, presidente del tribunale fascista, è il medico personale di Enzo Savorgnan di Brazzà, un friulano capo della Provincia. Francesco Panitteri, 23 anni, siciliano, l’unico laureato in legge, è il segretario personale di Savorgnan. La mattina del 28 dicembre ’43 i fratelli Cervi sono portati alla fucilazione nel poligono di tiro assieme a Quarto Camurri. La sentenza di morte è emessa senza nemmeno la parvenza di un interrogatorio. Stessa procedura, il 30 gennaio 1944, per il sacerdote e per l’anarchico Enrico Zambonini, fucilati assieme ad altri sette patrioti detenuti nel carcere dei Servi. L’uccisione del prete, tenuta nascosta al vescovo monsignor Eduardo Brettoni fino a fatto compiuto, suscita forte sdegno nel prelato e nell’ambiente cattolico reggiano. E’ una rappresaglia più che una sentenza.
Dottone e Panitteri sono processati in stato di latitanza dalla Corte d’Assise straordinaria creata dopo la liberazione. Il 5 dicembre 1946 sono condannati entrambi a 24 anni di carcere. Dell’anziano medico non si troverà più traccia. Panitteri, invece, si costituisce e gode di amnistie e indulti. Si arruola nella legione straniera francese con falso nome, perde un braccio e una gamba nella guerra d’Indocina, è insignito di alte onorificenze in Francia e in Italia. Muore nel 1990.
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