REGGIO EMILIA – La mattina del 25 ottobre 1944 i portoni della caserma “Leone Carmana” in corso Cairoli, occupati dalla Brigata Nera, si presentano imprudentemente aperti, il cortile vuoto, senza più gli automezzi. Le allibite autorità fasciste della provincia devono prendere atto della fuga del segretario federale, Guglielmo Ferri, con un’ottantina di militi della Brigata Nera, 17 veicoli, le scorte di armi e di viveri e la cassa del partito.
Ferri, proveniente da Parma, entra in azione il giorno stesso del suo insediamento, a seguito dell’uccisione di due brigatisti neri in uno scontro a fuoco a Reggiolo. Fa catturare una trentina di persone del paese e ne sceglie quattro per la fucilazione davanti alla rocca. Sono personaggi di primo piano, che agli occhi del federale sono colpevoli di mancata adesione alla Repubblica di Salò. Nasce la “banda Ferri” che si dedica a rappresaglie e torture a Villa Cucchi, come le bruciature tramite ferro da stiro arroventato; commette uccisioni e saccheggi a Campagnola, a Fabbrico, Novellara, Villa Seta, Coviolo, Sesso, Masone con decine di arresti ed esecuzioni sommarie. L’eco negativa di queste imprese sulla popolazione porta alla decisione di esonerarlo dall’incarico. Da qui, la fuga notturna di Ferri e dei suoi fedelissimi, tra i quali il conte Mario Palazzi Trivelli. Ferri si reca a Cremona dove dà vita a una formazione autonoma vantando il sostegno del gerarca Roberto Farinacci.
Catturato il 29 aprile 1945 nella Valtellina, Ferri è processato sia a Reggio che a Parma. Entrambe le Corti di Assise straordinarie lo condannano a morte mediante fucilazione alla schiena, assieme a 24 membri della sua banda. Fra annullamenti in Cassazione, rinvii e amnistia, nessuna delle condanne è eseguita. Guglielmo Ferri muore a Bussolengo, in provincia di Verona, il 19 settembre 1970.
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