
Laura Pazzaglia (foto Marcella Fava)
REGGIO EMILIA – Cominciamo dalla passione per il teatro: come maturi la scelta di fare un percorso che ti porta a formarti come attrice?
C’è qualcosa di misterioso, per me, ancora oggi sulla natura di questa scelta. A 6 anni mia madre mi accompagnò a vedere “Arlecchino servitore di due padroni” con la regia di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Ricordo il buio della sala e lo stupore per quelle persone nella luce, con stranissimi vestiti, che si incontravano, danzavano, parlavano: chi erano? E chi era quell’essere meraviglioso e colorato con la maschera, che saltava, correva, e parlava una lingua a me intimamente famigliare ? Da allora è stato tutto un ricercare come ri-contattare quello stupore e quella lingua ; tutto un fiutare dove si potesse trovare qualcuno, qualcosa che mi parlasse e portasse a che cosa è il teatro, come fare per comunicare attraverso il teatro. Di qui la scelta del Liceo Classico, l’unica scuola in cui, negli anni ’80, a Reggio Emilia, si potesse praticare teatro, poi il trasferimento a Roma per l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, e il perfezionamento coi maestri delle scuole europee e l’incontro di ricerca artistica e corporea con Maria A. Listur che ancora continua.
Hai recitato in molti luoghi non convenzionali e messo a disposizione di situazioni che intuitivamente nulla avrebbero a che fare con la narrazione, le tue capacità di attrice. Un esempio per tutti: l’inaugurazione dell’Ufficio di Accoglienza turistica del Comune di Reggio Emilia. C’è una idea personale della funzione attoriale dietro a queste tue scelte?
C’è una precisa idea della funzione dell’attore nella comunità, una consapevolezza del mettersi a servizio nel contesto sociale e politico in cui si è chiamati a operare. Questa consapevolezza è cresciuta e si è affinata negli anni con lo studio e la ricerca condotta con Maria A. Listur, artista multidisciplinare e pensatrice, con la quale studio dal 1995 e quasi dieci anni fa abbiamo cominciato una collaborazione artistica, divenuta MA-LÀpro, gruppo d’arte con cui produciamo progetti culturali interdisciplinari: narrazioni, teatro, performance, con linguaggi multidisciplinari e in luoghi ibridi. Un esempio tra tanti, abbiamo costruito “CHEESE – narrazione per stimolare il gusto dei paesaggi”, per il Caseificio Sociale di Cortogno e per il Teatro in Pineta di Casina. Abbiamo continuato a creare contenuti interdisciplinari anche durante i lock-down dovuti al Covid-19, in linea con l’integrazione del “qui e ora” della comunità. Nel 2020 abbiamo prodotto il podcast “Oggetti all’Orecchio” per i Musei Civici di Reggio Emilia, e avviato con il Comune di Casina e l’Unione Montana dei Comuni la video serie “Emilia Hotel – TOUR” nella quale raccontiamo luoghi grandi e piccoli di Reggio Emilia, poco conosciuti a livello internazionale, come fossero degli hotel che hanno albergato persone e personaggi: un hotel ha ospitato Christopher Lee, un altro Maria Bertolani Del Rio, un altro Gianni Rivera, e tanti altri.
Nel tuo lavoro emerge un impegno rispetto ai diritti delle donne. Com’è il tuo rapporto con il femminismo?
Sono profondamente grata alle donne che prima della mia generazione hanno lottato e costruito pensiero per l’acquisizione di diritti civili e spazi simbolici per raccontare noi donne, anche a noi stesse. Di quella rivoluzione che è stata il femminismo non tutto ha funzionato, le donne continuano a essere negate, la rivoluzione è incompiuta, ma siamo qui nella volontà di continuare il cammino.
Il lavoro sul femminile è una radice dell’albero che stiamo coltivando con MA-LÀpro.
Da anni lavori al progetto “Rodari reloaded”, sostenuto da Reggio Children e dal Comune di Reggio Emilia del quale fa parte la conferenza spettacolo “Una storia fantastica” nella quale l’esperienza epica della nascita delle scuole dell’infanzia reggiane si intreccia con le figure di Gianni Rodari e Loris Malaguzzi. Quanto pensi che questa storia civica e creativa segni tuttora la comunità locale, fuori da ogni retorica?
Con “Una storia Fantastica – Omaggio all’Articolo Femminile” abbiamo cercato di portare luce sull’intreccio tra il pensiero-azione di Loris Malaguzzi, l’umanesimo di Gianni Rodari e le pratiche politiche delle donne reggiane che hanno voluto, e realizzato con tenacia, fantasia e squisitezza le scuole dell’infanzia per e nella città. Penso che le Scuole d’Infanzia e i Nidi del sistema comunale di Reggio Emilia, insieme a Reggio Children, continuino a essere un laboratorio permanente di pensiero e ricerca, ancora oggi efficace e necessario a generare domande e linguaggi per elaborare nuovi paradigmi di relazione tra le persone che l’attuale situazione politico-sanitaria ha reso ancora più urgenti.
Per il 2022 porteremo Gianni Rodari “in cammino” per la città, con la proposta di una narrazione itinerante per attraversare la sua opera e il suo pensiero in relazione ai muri ancor oggi “stupefatti” del suo passaggio nelle scuole reggiane.
A conclusione della modesta prova data dalla classe politica rispetto alla scelta del Presidente della Repubblica, per non sprecare questa esperienza preoccupante per le sorti stesse della Democrazia, vediamo se possiamo fare qualche riflessione sul futuro come donne. Come dice l’economista Giovanna Badalassi in un suo bell’intervento sul Blog Ladynomics, le donne sono diventate di moda, nel bene, perché mai è stato tanto animato il dibattito pubblico sull’eguaglianza sostanziale tra uomini e donne, nel male perché la debolezza collettiva delle donne, mette anche donne di valore, a rischio di strumentalizzazione. Pensi che questa debolezza politica di figure femminili, anche rilevanti, sia dovuta alla rimozione culturale del portato del femminismo? Concordi sul fatto che non ci vuole una donna, basta che sia, per qualunque carica o posizione apicale, ma è necessario che il discorso pubblico venga rigenerato anche attraverso l’approccio teorico e pratico delle donne alle cose della vita e dunque della politica?
Come artista e come operatrici culturali lavoriamo con MA-LÀpro perché ci sia una “generazione”, ancor più che ri-generazione, di contesti, linguaggi e azioni che includano noi donne. Della rivoluzione delle donne nel ‘900 ancora oggi rimane una memoria collettiva, storiografica, pedagogica e sociale “a chiazze”, a gruppi. Non c’è stata in Italia una elaborazione culturale diventata patrimonio di tutte e tutti, si è fissato poco o nulla. Per questo è necessaria molta accortezza e formazione permanente da parte di noi cittadine e cittadini per discernere le frequenti azioni di “pink washing” che la politica e la società opera. La frase “ci vuole una donna” mette al riparo da una reale presa di potere e autodeterminazione delle donne, in tutti gli ambiti. E infatti sembra si continui a decidere sulle e non con le donne. Ne è segnale inequivocabile la recrudescenza dell’opposizione al diritto delle donne di abortire, con azioni e discorsi politici e culturali violenti, non solo in Paesi che ci sembrano politicamente lontani, come la Polonia, ma anche in Italia, dove l’aborto è un diritto sancito dalla legge.
Il Pinguino senza Frac, Silvio D’Arzo che ne è l’autore, Laura Pazzaglia che lo ha narrato e Sonia Maria Luce Possentini che lo ha illustrato: un bel connubio per raccontare la storia dell’eterno rito di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. È più difficile per i maschi o per le femmine nella contemporaneità e nelle ns società “mettersi il frac” e diventare adulti?
L‘essere senza frac o il sentirsi a Casa d’Altri che le opere di Silvio d’Arzo evocano, penso siano una dimensione d’anima che ci accomuna tutte e tutti, uomini e donne, come esseri umani.
Infine, tra l’8 marzo e il 2 aprile prossimi, con il coordinamento di Dina Buccino, il sostegno economico del Comune di Reggio Emilia, il sostegno di tutte le associazioni di genere della città unite nel Co.A.Ge, il Coordinamento delle Associazioni di Genere di Reggio Emilia, 6 artiste reggiane, tra le quali anche tu, metteranno in scena il femminile, nel Festival Donne in Scena. Perché partecipare?
Perché è necessario.
Ringraziamo Dina Buccino, per lo slancio e la tenacia nell’ideare e organizzare DONNE IN SCENA, e il Comune di Reggio Emilia e le associazioni aderenti a Co.A.Ge. per il fattivo sostegno che stanno mettendo in campo. La città di Reggio Emilia, per la sua storia che ha parlato anche con la voce peculiare delle donne, aveva già visto qualche anno fa il lavoro congiunto di artiste nello spettacolo Spettinate, promosso anche allora dal Comune di Reggio Emilia.
Oggi si necessita di guardare nuovamente la mappa del continente donne, il Festival è un’occasione preziosa per ascoltare una lingua diversa, poco riconosciuta.
Come MA-LÀpro -Maria A. Listur ed io- abbiamo subito deciso di rispondere alla chiamata e metterci al servizio di un luogo di incontro e unione tra donne e artiste, avere un tempo per dire a che punto siamo, e se ci siamo.
Laura Pazzaglia porterà in scena “No, non chiedo scusa” al teatro San Prospero di Reggio Emilia martedì 8 marzo alle 21, nell’ambito del Festival Donne in Scena
Chi è Laura Pazzaglia
Attrice, autrice, progettista culturale. Nata a Milano nel 1970, nel 1994 si è laureata in recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica S. D’Amico di Roma, con Specializzazione alla Scuola Europea dell’Attore di San Miniato. Dal 1995 è ricercatrice artistica e corporea con Maria A. Listur, Roma/Parigi. Come attrice, dalla metà degli anni ’90 alterna l’attività di interprete di teatro classico (ha lavorato con Giuseppe Patroni Griffi, Armando Pugliese, Antonella Panini, Pamela Villoresi), alla ricerca teatrale (Franco Brambilla, La Corte Ospitale) e alla narrazione. Nel 2014 fonda con Maria A. Listur il gruppo d’arte MA-LÀpro che produce progetti culturali multidisciplinari in spazi istituzionali, pubblici, privati, virtuali e non: teatro, performance, narrazioni, video art, conferenze, eventi multidisciplinari, percorsi di formazione. FB: MA-LÀpro
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