BRESCELLO (Reggio Emilia) – Novecentomila tonnellate di scorie non trattate e di scorie di fusione. Un’immensa discarica abusiva di acciaio. Ripercorrendo tutte le tappe di questa ventennale vicenda si scopre che il conferimento dei rifiuti nel sito di via Peppone e Don Camillo è stato autorizzato dalla Provincia nel 2008 su richiesta dell’allora Bacchi Spa, che poi però non avrebbe realizzato quanto dovuto: un nuovo impianto di recupero delle scorie di acciaieria che dovevano poi servire per l’urbanizzazione dell’area. Andiamo con ordine.
Tutto inizia nel 2003 quando l’allora società Mingori&Bacchi srl, oggi detenuta da Dugara Spa, stipula una convenzione urbanistica con il Comune di Brescello e ottiene una successiva concessione edilizia per realizzare un polo logistico intermodale con preventiva urbanizzazione dell’area. E’ la fine di maggio del 2003 e entrambi gli atti prevedono 10 anni per realizzare gli interventi. Già il luglio successivo la ditta comunica che per realizzare la massicciata stradale avrebbe utilizzato un nuovo materiale, il tenax, prodotto dalle scorie di acciaieria, proveniente dall’impianto di Boretto della Bacchi Aladino e figli, anch’essa ora Dugara Spa.
Si arriva così al 2008 quando la ridenominata Bacchi Spa chiede alla Provincia di poter attivare un nuovo impianto per il recupero delle scorie direttamente a Brescello, evitando così di passare dall’impianto di Boretto. Autorizzazione che arriva a metà dicembre, tanto che nel febbraio successivo la Bacchi rientra nell’elenco delle imprese autorizzate a recuperare rifiuti. L’atto prevedeva il recupero annuale di 303mila tonnellate di scorie non trattate e di scorie di fusione. Rifiuti che saranno conferiti nell’area sino al 2015 con una stima di 30mila camion arrivati a Brescello. Nel frattempo scaduti i 10 anni per realizzare le opere di urbanizzazione, la ditta otteneva una proroga dal Comune di Brescello sino al 25 maggio 2016 e contestualmente presentava alla Provincia una domanda di autorizzazione integrata ambientale per il nuovo impianto di recupero scorie di acciaieria, concessa nel luglio 2015 con la precisazione che l’area non era più deputata a ricevere rifiuti ma che l’autorizzazione serviva al monitoraggio delle acque sotterranee per 5 anni e al completamento del progetto di urbanizzazione.
A ottobre 2017, essendo scaduta la concessione edilizia del 2003, il Comune di Brescello chiede a Dugara Spa un nuovo piano relativamente alla parte rimasta inattuata, ma solo nel maggio del 2022 l’amministrazione esprime il primo formale parere negativo, seguito nel febbraio del 2024 da un’ordinanza dirigenziale che vietava l’avvio dei lavori richiesti dalla società con una comunicazione asseverata di inizio lavori. Un lungo iter amministrativo con tanti soggetti coinvolti e almeno un paio di ricorsi al Tar della Dugara Spa rigettati che, secondo la Procura, ha portato 22 anni dopo l’inizio di questa storia a creare una discarica di rilevanti dimensioni, con i rifiuti gestiti da Dugara ancora non recuperati e le acque sotterranee inquinate da ferro e arsenico oltre i limiti di legge.
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