REGGIO EMILIA – Nelle polemiche seguite alla pubblicazione dei messaggi whatsapp scambiati due anni fa tra l’attuale procuratore capo di Reggio Marco Mescolini e l’allora consigliere del Csm Luca Palamara, si distinguono nettamente – nel fronte critico – due posizioni. Ci sono quelli che chiedono chiarezza e ci sono quelli che chiedono le dimissioni di Mescolini. Fra i primi e i secondi ci sono molte differenze. Una di queste differenze è che i secondi hanno capito bene qual è la posta in gioco e stanno facendo di tutto per sfruttare l’occasione.
Nell’attacco a testa bassa di Fratelli d’Italia e Forza Italia contro il magistrato che ha condotto le indagini sulle cosche in Emilia e che ha rappresentato l’accusa al processo insieme alla collega Beatrice Ronchi si legge non solo un desiderio di rivalsa. Traspare anche e soprattutto una grande nostalgia dei bei tempi andati. I bei tempi in cui un esponente politico di primo piano, Giuseppe Pagliani, poteva andare ad incontrare il più noto imputato per reati di mafia della nostra provincia, Nicolino Sarcone, negli uffici della sua impresa edile, senza che nessuno dicesse niente. I bei tempi in cui, come ha detto l’ex prefetto Antonella De Miro, esponenti della politica e della società reggiana andavano a cena con i capimafia. I bei tempi in cui imprenditori in odore di ‘ndrangheta frequentavano i vertici della Questura. I bei tempi in cui giornalisti e operatori di TG Reggio che si avvicinavano a un’azienda, un cantiere edile o un maneggio abusivo venivano minacciati e aggrediti, senza che dalla politica arrivasse una sola parola di solidarietà e di allarme. Per quanto ci riguarda, noi non rimpiangiamo quegli anni e siamo sicuri che non li rimpiangano neppure i reggiani.
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