BRESCELLO (Reggio Emilia) – Per comprendere appieno la decisione del giudice dell’udienza preliminare di Bologna Roberta Malavasi bisognerà leggere, tra due mesi, le motivazioni della sentenza. Senza dimenticare che non si può escludere un ricorso della Procura antimafia di Bologna. Ma dopo questo esito processuale, quali conclusioni si possono trarre sulle vicende che hanno interessato Brescello negli ultimi dieci anni?
Le sentenze dei processi Aemilia e Grimilde dicono senza tema di smentita che a Brescello la ‘ndrangheta c’era e c’è ancora. Una ‘ndrangheta che ha gestito aziende, ha impiegato lavoratori in nero e sfruttato la manodopera, ha evaso il fisco con le fatture false, ha condotto intimidazioni, comprato discoteche e riciclato denaro. E questo è un punto fermo.
La commissione prefettizia che nel 2016 propose lo scioglimento del Comune di Brescello per infiltrazioni mafiose arrivò alla conclusione che, rispetto alla cosca Grande Aracri, gli amministratori locali avevano avuto un atteggiamento dapprima di “acquiescenza” e poi di “assoggettamento”. La proposta della commissione fu approvata da un Governo, il Governo Renzi, dominato dal Pd, il partito di cui erano espressione più o meno diretta i sindaci di Brescello.
Ma il giudizio politico-amministrativo di una commissione prefettizia o di un Consiglio dei ministri è un conto, il giudizio penale di un Tribunale è un’altra cosa. Ci sono atti, scelte, comportamenti che possono essere criticabili, inopportuni, anche censurabili sul piano politico, ma che non è detto abbiano rilevanza penale. E il Gup di Bologna ha deciso che non c’erano elementi per mandare a processo Marcello Coffrini e Giuseppe Vezzani con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Leggi e guarda anche
La rivincita dell’ex sindaco di Brescello Coffrini: “Non c’entro con la mafia”. VIDEO
Reggio Emilia 'ndrangheta Bologna Brescello processo Marcello Coffrini Giuseppe Vezzani‘Ndrangheta: scagionati gli ex sindaci di Brescello Marcello Coffrini e Vezzani. VIDEO











