REGGIO EMILIA – “Abbiamo richiesto che al mio assistito venga riconosciuto un giusto risarcimento che tenga conto di tutto quello che ha subìto quel giorno e nei giorni a seguire: l’incappucciamento, l’essere denudato, picchiato, calpestato, arrivare addirittura a tagliarsi le vene pur di attirare attenzione per poter essere visitato”. A dirlo è l’avvocato di parte civile Luca Sebastiani che tutela il detenuto tunisino che sarebbe stato picchiato dagli agenti di polizia penitenziaria nel carcere della Pulce il 3 aprile 2023.
Il legale ha parlato a margine dell’udienza di oggi nella quale ha fatto la sua arringa per poi lasciare spazio alle difese dei dieci secondini imputati a processo. Nella requisitoria di due settimane fa, la pm Maria Rita Pantani aveva chiesto dieci condanne: cinque anni e otto mesi per un poliziotto accusato di tortura lesioni e falso, cinque anni per sette agenti accusati di tortura e lesioni e due anni e otto mesi per altri due, che rispondono solo di falso.
“Non chiediamo pene esemplari: il quantum a noi proprio non interessa – ha continuato Sebastiani – Quello che è successo è però un fatto gravissimo, inaccettabile e ha un nome preciso: tortura. Così come sono gravi i reati di falso: senza le telecamere, oggi sarei stato qui a difendere il mio assistito da ben quattro reati, perché nelle relazioni trasmesse alla Procura era lui ad essere indagato di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e danneggiamento”.
Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, il detenuto tunisino fu incappucciato con una federa stretta al collo, sgambettato, denudato e picchiato con calci e pugni, anche quando era in terra, e calpestato. Poi fu portato in cella, nuovamente picchiato e lasciato nudo dalla cintola in giù per oltre un’ora, malgrado nel frattempo si fosse ferito e sanguinasse. Tutto è stato documentato da un video delle telecamere interne al carcere, agli atti dell’inchiesta, mostrato anche durante la requisitoria.